Mentre trattati internazionali come l’ACTA e proposte di legge statunitensi come SOPA, PIPA e CISPA cercano in tutti i modi di censurare il Web e limitarne la libertà di espressione, ecco che una nuova iniziativa arriva stavolta dall’Unione Europea, in particolare dal Vice Presidente e Commissario per l’Agenda Digitale della Commissione Europea, la politica olandese Neelie Kroes.
L’intenzione dichiarata è quella di creare un sistema di riconoscimento dell’identità digitale la cui adozione sarebbe obbligatoria per tutti i cittadini dell’UE, il cui obiettivo è “facilitare le transazioni elettroniche transnazionali attraverso l’adozione di un sistema armonizzato di firme digitali, identità digitali e sistemi di autenticazione elettronica (eIAS) in tutti gli stati UE”.
La Commissione Europea è convinta che questo sistema darebbe grande slancio alla confidenza e alla fiducia degli utenti verso il mondo digitale, stimolando la crescita delle transazioni elettroniche transnazionali in tutti i settori.
Un tentativo di antiche origini ma largamente osteggiato
L’Unione Europea prova da tempo a facilitare il varo di un sistema parallelo di identificazione elettronica da imporre sui documenti esistenti nel mondo reale, dando però priorità alla creazione di un unico grande mercato, piuttosto che alla sicurezza del meccanismo. Come sempre, prima si pensa allo strumento e poi alla sicurezza.
La direttiva UE 1999/93/CE, infatti, stabiliva un sistema comune di firma digitale con l’obiettivo di favorire la confidenza dei cittadini europei verso la firma di documenti digitali e, di conseguenza, aumentare l’adozione dei sistemi di e-commerce per fare affari e acquisti indipendentemente dai confini nazionali.
Purtroppo per l’UE, cittadini e governi sono stati notevolmente lenti e scoordinati nell’approcciare questo sistema e l’utilizzo della firma digitale è ancora confinato in specifici settori. Sebbene i passaporti con microchip stanno ormai diventando la norma in Europa, le identità digitali sono state adottate solo in pochi paesi (fra cui l’Italia) e non esiste ancora un meccanismo standard di mutuo riconoscimento fra diverse nazioni. In stati come Regno Unito, Danimarca e Irlanda non è stato possibile adottare analoghi sistemi di identificazione poiché tutti i tentativi di introduzione sono stati largamente e duramente osteggiati.
L’agenda del potere è sempre più importante del parere dei cittadini
Cittadini ed organizzazioni a salvaguardia del Web, insieme ad alcuni governi, si sono espressi in più occasioni contro qualsiasi sistema di marchiatura e limitazione dell’individuo sul Web. L’esigenza di introdurre sistemi come quello proposto dall’EU non viene certamente dal basso, dalla gente comune e, come abbiamo ormai imparato, tutto ciò che viene proposto (ma sarebbe meglio dire “imposto”) dall’alto negli ultimi decenni non è mai nell’interesse del cittadino. Ma la Commissione Europea, organo che il compito istituzionale di tutelare i cittadini europei, è fermamente deciso a perseguire l’obiettivo e una prima bozza di regolamentazione è già sotto esame presso i vari dipartimenti della commissione.
L’agenda del potere è sempre più importante del parere dei cittadini. Non solo, il progetto è ben più vasto di quanto inizialmente prospettato, infatti la fervente Kroes ha già affermato di voler “ampliare l’obiettivo della direttiva attuale includendo servizi ausiliari di autenticazione che siano di complemento alle firme elettroniche come, ad esempio, sigilli elettronici e marcatura di data e orario”. Per risolvere il mancato riconoscimento delle identità elettroniche fra le nazioni, infine, tutti gli stati membri dovranno riconoscere ed accettare le identità digitali formalmente notificate dagli altri stati dell’UE.
C’è già chi avanza scenari orwelliani o biblici paventando l’avvento del disegno di controllo globale e del famigerato “marchio della bestia”. Non è un segreto, infatti, l’intenzione del governo USA di adottare il microchip obbligatorio sull’intera popolazione statunitense a partire dal 2013, un provvedimento che fa tornare in mente le misure di marcatura individuale usate dal regime nazista nei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale. A favore della marchiatura umana si è recentemente dichiarata anche la scrittrice americana Elizabeth Moon in un delirio misto di onnipotenza e follia pura, mentre in Islanda (e forse non solo) è già in corso la schedatura genetica. Ribadisco, non è una prospettiva futura, sta già succedendo.
Insomma, sembra proprio che il censimento e la marcatura della popolazione sia uno dei trend più in voga presso i governi occidentali, quasi come se dietro ci fosse un’unica regia. Non è rassicurante, in tal senso, l’appartenenza dell’ormai pensionabile Neelie Kroes, almeno dal 2005, al famigerato Gruppo Bilderberg cui possono accedere solo le più brave marionette dei poteri occulti, per ricevere le direttive da seguire secondo un’agenda accuratamente nascosta.
Una minaccia per la sicurezza e la privacy individuale
Una misura di limitazione della privacy dei cittadini non è certo un elemento di stimolo alla diffusione delle transazioni commerciali elettroniche, soprattutto in una situazione di crisi economica globale che ha ridotto notevolmente il livello di fiducia generale. Di certo il rapido susseguirsi di iniziative e proposte di regolamentazione palesemente indirizzate alla limitazione della libertà individuale, della privacy e della sicurezza dei cittadini è quantomeno sospetto, così come quel senso di affannosa impellenza che queste emanano.
Quanto è lecito attendersi che un organo sovrastatale non eletto, composto da numerosi membri di affiliazioni e congreghe più o meno occulte e asservite a poteri di altissimo livello possa lanciare iniziative a favore dei cittadini?
Fortunatamente, come per ACTA e CISPA, anche il progetto di identità digitale lanciato dall’UE è ancora ben lontano dall’avere successo. In termini di sicurezza delle informazioni, il concetto di identità digitale è fortemente minacciato dai crescenti fenomeni di furto d’identità e frode virtuale. Finché non saranno disponibili meccanismi standardizzati, sufficientemente testati e con validità largamente riconosciuta dalle comunità internazionali di information security, l’obbligo di adozione per oltre mezzo miliardo di individui comporterebbe inevitabilmente un esponenziale aumento del numero di furti d’identità e di frodi, tale da far annegare nel caos l’intero mercato e creare innumerevoli grattacapi ai cittadini.
In ogni caso l’adozione di un meccanismo di identità e firma digitale potrebbe avere un senso solo se implementato e adottato globalmente e contemporaneamente da tutti gli stati mondiali e solo su espressa volontà del cittadino, senza obblighi e vincoli, nell’interesse del libero commercio e nel rispetto dei diritti fondamentali dell’individuo. La sola adozione nei paesi UE significherebbe avere 500 milioni di persone schedate e controllate contro 6 miliardi e mezzo di persone potenzialmente anonime, in cui sarebbero comprese nazioni molto popolate come Russia, Cina e India, nazioni peraltro molto attive nel cyber spionaggio e nel cybercrime.
Alcune domande in cerca di risposta
- Che garanzie possono ottenere i cittadini UE sul lecito utilizzo della propria identità digitale e dei vari dati comportamentali e transazionali che la Commissione Europea intende catturare ed accumulare?
- Come mai l’Agenda Digitale della vetusta Kroes non prevede di investire in un migliore utilizzo e in un aumento dei livelli di sicurezza delle tecnologie di identificazione e autenticazione prima di forzarne l’adozione da parte dei cittadini, la maggior parte dei quali ha grandi difficoltà ad approcciare e comprendere soluzioni tecnologiche come questa?
- Se l’esigenza dichiarata è rilanciare il mercato internazionale, in particolare quello europeo, perché non farlo attraverso adeguate riforme del sistema finanziario ed economico che sta scricchiolando pericolosamente, invece di puntare sempre l’attenzione sugli incolpevoli, impotenti e sempre più poveri cittadini dell’UE?
Internet e Web sono più forti
Internet e Web sono nati liberi e tali resteranno, nonostante i numerosi e disperati sforzi per limitarne le funzionalità e minare principi, diritti e libertà individuali degli utenti, perché rappresentano il mezzo di trasmissione del pensiero del ventunesimo secolo. Snaturare artificiosamente questi magnifici strumenti per piegarli agli interessi del potere, introducendo strumenti di controllo e limitazione individuale, è opera vana ed è stato già ampiamente dimostrato. Internet e Web sono più forti di qualsiasi tentativo di limitazione e ogni misura in tal senso verrà immancabilmente ed inevitabilmente aggirata.
Ettore Guarnaccia
Trackback / Ping