Anonymous, l’ormai famosa organizzazione internazionale di hacktivists, ha dichiarato guerra ad Israele sul piano del cyberspazio. Non è difficile intuirne la motivazione: l’uso sconsiderato della forza militare israeliana contro civili innocenti, l’attacco mirato ai media palestinesi e il tentativo, tuttora in corso, di arrestare le telecomunicazioni e la rete Internet. In una serie di comunicati apparsi sulla piattaforma AnonPaste, Anonymous ha lanciato l’operazione OpIsrael che avrà come obiettivo qualsiasi sito web e risorsa cibernetica israeliana,e non si fermerà finché Israele non profonderà sforzi validi, efficaci e fattivi per avviare i negoziati di pace con la Palestina, non consegnerà aiuti umanitari ai civili ingiustamente colpiti e non fornirà una qualche forma di adeguata riparazione alle famiglie dei tanti bambini palestinesi assassinati. L’operazione può essere seguita in tempo reale su Twitter seguendo l’account @Op_Israel o l’hashtag #OpIsrael.
Nel momento in cui scrivo, dati alla mano, sono 4 le vittime israeliane dalla riaccensione degli scontri di metà novembre, contro i 148 morti palestinesi, dei quali ben 36 sono bambini, ma fra le vittime vi sono anche molte donne. I feriti fra i civili palestinesi sono quasi un migliaio, tanto che gli ospedali di Gaza sono in grave difficoltà e stanno esaurendo i medicinali di prima necessità.
L’operazione OpIsrael
Anonymous ha concretizzato i propri intenti attaccando oltre 10.000 siti web in una settimana con azioni di hacking, defacement, hijacking e takedown, fra cui oltre 700 siti istituzionali e governativi israeliani. Gli attacchi più eclatanti hanno portato alla completa cancellazione del database del Ministero degli Affari Esteri, della camera di commercio e della Banca di Gerusalemme, alla compromissione del sito della città di Tel Aviv, del Ministero della Difesa (IDF) e dell’Israel Internet Association (ISOC) e alla divulgazione di documenti di circa 35.000 funzionari israeliani. Numeri impressionanti che danno l’idea dello sforzo profuso da Anonymous e dalle organizzazioni satellite e simpatizzanti nella rappresaglia cibernetica contro Israele. Un elenco completo degli attacchi portati a compimento è stato allestito ed è liberamente disponibile online.
Anonymous ha inoltre deciso di non limitarsi agli attacchi informatici, ma di avviare azioni di facilitazione degli aiuti umanitari a Gaza e di boicottaggio di qualsiasi prodotto che finanzi direttamente o indirettamente il governo israeliano. In un recente comunicato, il gruppo ha affermato che “novembre 2012 sarà un mese da ricordare per le forze di difesa e di sicurezza cibernetica israeliane” e che hanno deciso di “sequestrare il controllo del cyberspazio per difendere i diritti umani di libera espressione e di diritto alla vita“, invitando Israele a “cessare e desistere da qualsiasi azione militare o la situazione peggiorerà” perché da ora in poi “ogni ulteriore vittima sarà considerata come un attacco personale“.
Nel frattempo, il ministro delle finanze israeliano Yuval Steinitz ha dichiarato che gli attacchi sono stati tutti respinti e che hanno avuto effetti minimi e in una sola occasione. Non sembrerebbe così, almeno a giudicare dalle numerose risorse e immagini condivise in rete a testimonianza degli attacchi andati a buon fine. In ogni caso, anche stavolta la risposta di Anonymous non si è fatta attendere.
La manipolazione dell’informazione ufficiale
L’informazione ufficiale, da tempo controllata e manipolata dagli Stati Uniti e dai loro alleati (fra i quali Israele), ha subito approfittato dell’operazione OpIsrael per far passare gli attivisti di Anonymous come veri e propri terroristi verso l’opinione pubblica. La reazione di Anonymous non si è fatta attendere e un nuovo comunicato è stato emesso per dichiarare che “Anonymous non supporta l’uso della violenza in alcun modo“, bensì ha l’obiettivo di “proteggere i diritti umani, la giustizia e l’uguaglianza universale per i cittadini di qualsiasi nazione“. Nello stesso comunicato, Anonymous ha dichiarato di non aver usato un linguaggio antisemita né espresso supporto ad Hamas o ad altre organizzazioni ed azioni di resistenza militare. La manipolazione dell’informazione è testimoniata dagli atti di censura ai danni di pagine Facebook di libera informazione che hanno assunto una posizione pro-Palestina o che riportano notizie direttamente da Gaza e dai territori occupati, come nel caso della pagina Informare per Resistere e dei reportage dell’italiana Rosa Schiano, ma anche, ad esempio, dal comportamento della BBC in merito al sondaggio “Sono giustificate le azioni militari israeliane?“, per il quale le votazioni sono state chiuse anticipatamente e i risultati sono stati oscurati quando i “No” hanno superato nettamente i “Si”.
Secondo Anonymous, agli occhi dei media mainstream, solo gli Stati Uniti e i loro alleati possono definire terroristi altri stati o altre organizzazioni, ma in realtà gli attivisti ritengono che i veri terroristi sarebbero “i governi che finanziano la guerra, praticano inganni contro i loro stessi cittadini, approvano la corruzione e chiudono un occhio sulla morte di persone innocenti“. Sempre secondo Anonymous, ciò che accade in Palestina non è guerra, è oppressione, perché il popolo palestinese non ha navi, non ha esercito e non ha forze aeree. In definitiva, essi affermano che questo è un chiaro tentativo di cacciare i palestinesi dalla loro terra, in palese violazione delle leggi internazionali, e che “l’avanzamento di Israele sui territori palestinesi e la contestuale oppressione razzista devono finire“.
In effetti, a beneficio soprattutto dei non addetti ai lavori in ambito cibernetico, va chiarito che Anonymous si è limitato a semplici azioni di rappresaglia che hanno intaccato soprattutto l’immagine di Israele, senza provocare danni reali. Per ora, quindi, si tratta di un’operazione più ai fini di propaganda che di guerra vera e propria. La guerra cibernetica, la cosiddetta “cyberwar“, consiste in realtà nell’attuazione di operazioni sul piano cibernetico che producono effetti più e meno catastrofici sul piano reale, se non addirittura dei decessi. Mentre le azioni di defacement, di takedown, di cancellazione e divulgazione di dati producono quasi esclusivamente il danneggiamento dei sistemi informatici o dell’immagine pubblica, azioni ben più gravi come l’interruzione delle telecomunicazioni, l’attacco informatico ad infrastrutture critiche nazionali, l’arresto dei servizi primari come acqua, energia elettrica, gas, ospedali e trasporti, oppure l’attacco al sistema economico, bancario e finanziario sono in grado di mettere realmente in ginocchio un’intera nazione in un lasso di tempo molto breve. Per capire meglio di cosa si tratta, consiglio di leggere questo articolo sui “saldi per incendio”. Anonymous non ha ancora oltrepassato questo limite e, fortunatamente, per ora non vi sono segnali che tradiscono questa malaugurata intenzione.
La guerra non è una soluzione
Non sarà la guerra a risolvere la questione israelo-palestinese, ma il dialogo, la tolleranza e il rispetto dei diritti umani, mettendo l’essere umano al centro dell’attenzione, non le motivazioni più o meno opinabili dei due contendenti e dei relativi simpatizzanti. Questa situazione va avanti da oltre sessant’anni e non ha mai accennato a concludersi positivamente. Hamas ritiene che la soluzione stia solo nella cancellazione di Israele, mentre Israele sostiene che la Palestina debba essere cancellata dalla faccia della Terra. Con questi presupposti la guerra non cesserà mai e la gente innocente continuerà a morire inutilmente. Invito a leggere i commenti ad un articolo sul tema apparso sul Blog di Beppe Grillo per capire come la guerra, il conflitto, la divisione e il razzismo siano insiti in tutti noi.
Come ho già detto nel precedente articolo, lo scontro è del tutto impari. Lo strapotere militare e politico di Israele non è neanche lontanamente paragonabile con la situazione della Palestina e di Hamas. Ritengo assolutamente condivisibile che la gente di Israele, come qualsiasi altra nazione, abbia il diritto di vivere senza il terrore dei razzi sparati da Gaza e dai territori occupati, ma sono tanti anche gli elementi che condannano la “politica estera” di Israele negli ultimi anni, ad esempio le tante dichiarazioni di istigazione al conflitto verso altri stati, gli attacchi informatici all’Iran (Stuxnet, Duqu, Flame, ecc.) e l’assassinio degli ingegneri nucleari iraniani, la dotazione di centinaia di testate nucleari, l’utilizzo di armi non convenzionali (piombo fuso e armi incendiari) vietate dalle convenzioni internazionali e la discutibile complicità con l’ONU e gli Stati Uniti nella gestione delle controversie, elementi con i quali la Palestina c’entra quasi nulla.
Tutto questo suggerirebbe che debba essere proprio Israele a fare lo sforzo maggiore per avviare i negoziati di pace abbassandosi umilmente dalla sua posizione dominante, accettando e rispettando il riconoscimento ufficiale dello stato della Palestina e la definizione dei relativi confini, senza ripetere e perpetrare le stesse angherie commesse dagli Stati Uniti nei confronti degli indiani nativi d’america. Ogni uomo di questo pianeta ha diritto di vivere nella terra dove è nato, con la propria famiglia, nel rispetto della propria cultura e delle proprie origini, mentre nessuno può arrogarsi il diritto di decidere della vita altrui, in nessuna maniera.
Finché l’essere umano non capirà tutto questo, la strada verso la pace resterà tortuosa, piena di ostacoli e, come in questo caso, di tanta inutile sofferenza.
Ettore Guarnaccia
Gli hacker attaccano Israele: violati gli account Facebook, Twitter e Gmail del vice primo ministro Shalom
Alcuni hacker del gruppo ZCompanyHackingCrew hanno infatti annunciato di essere entrati in possesso degli account di Gmail, YouTube, Twitter, Facebook, LinkedIn, e del blog personale del vice primo ministro israeliano Silvan Shalom, per “mostrare la loro solidarietà con Gaza e alzare la voce contro le brutalità di Israele”, hanno scritto sul loro account Twitter. Uno dei documenti trapelati fa capo a un Google Doc che secondo gli hacker contiene alcune “informazioni personali come nomi, numeri di telefono e le attività del governo israeliano”.
http://it.ubergizmo.com/2012/11/21/anonymous-viola-il-profilo-facebook-del-vice-premier-israeliano.html?inf_by=599e8c82671db8947e8b4889