Cosa c’entrano foche e merluzzi con le teorie dei sistemi complessi? Come vedremo, c’entrano moltissimo. Quella che a prima vista può sembrare una leggenda, in realtà è la vera storia della mancata comprensione di un sistema complesso, che ha peggiorato gravemente la situazione anziché migliorarla come atteso. La comprensione dei sistemi complessi che si è chiamati a controllare e governare è estremamente importante, per non ripetere gli errori che hanno portato a clamorosi fallimenti in passato.
Il crollo del merluzzo nel Nord Atlantico
La catastrofe legata al merluzzo atlantico è una storia che dovrebbe essere riportata in tutti i testi scolastici, sia per spiegare come la stupidità e l’arroganza dell’essere umano possa provocare disastri immani ad interi ecosistemi, sia per dimostrare come la mancata profonda comprensione di un sistema complesso ne impedisca di fatto il controllo.
La pesca del merluzzo è stata storicamente piuttosto fruttuosa nella zona nord occidentale dell’oceano Atlantico per i pescherecci canadesi, che ne pescavano una media di 250 mila tonnellate l’anno, almeno fino agli anni ‘50. La crescente diffusione dei pescherecci oceanici, non solo canadesi, ma spagnoli, portoghesi, francesi, russi e di altre nazioni, portò la pesca dei merluzzi ad un picco di 1,8 milioni di tonnellate nel 1968. Allora i canadesi provvidero ad estendere il limite delle proprie acque territoriali fino a 200 miglia dalla costa, per ostacolare i competitori stranieri e proteggere il proprio merluzzo, decidendo anche di ridurre le proprie quote di pesca a livelli più sostenibili.
Per un po’ la situazione tornò pressoché normale ma, dalla metà degli anni ’70, la pesca del merluzzo riprese a crescere a ritmi insostenibili, arrivando a triplicare i volumi del pescato nell’arco di soli sette anni. Il picco fu raggiunto nel 1982 e, in seguito, diversi pescatori iniziarono a rilevare una sensibile diminuzione del pescato, pur senza ottenere alcun tipo di intervento dal governo canadese. In quello stesso periodo iniziarono a fare la propria comparsa enormi pescherecci, con vere e proprie fabbriche integrate, in grado di depredare l’oceano con immense reti a strascico, per poi trattare e congelare il pesce direttamente a bordo. Uno dei più nefasti effetti dell’uso di reti a strascico è il grave danneggiamento dei fondali, la cattura indiscriminata di moltissime varietà di pesce, comprese quelle non commerciabili, e la distruzione delle uova e degli esemplari più giovani.
Il sovrasfruttamento del merluzzo, la distruzione del suo habitat e l’impedimento della riproduzione e del naturale ripopolamento delle specie marine, hanno portato in pochi anni ad un vero e proprio crollo del pescato, con volumi di sole 12 mila tonnellate nel 1995, circa un ventesimo dei volumi abituali prima degli anni ’50 e un centesimo dei volumi raggiunti a cavallo degli anni ’80. Un vero e proprio genocidio che non ha ancora visto una qualche ripresa apprezzabile.
Il governo canadese fu finalmente costretto dalle circostanze a studiare una soluzione alla cronica penuria di pesce nel nord Atlantico. Il primo provvedimento fu la chiusura della pesca nella zona. Questo causò la devastazione delle comunità di pescatori e la perdita del lavoro per circa 30.000 persone coinvolte nella pesca e nel commercio del merluzzo, tanto che il governo canadese fu costretto a riconoscere loro miliardi di dollari in sovvenzioni statali. La popolazione del merluzzo, però, non ottenne alcun miglioramento, così il governo, su consiglio dei biologi marini, individuò la causa nei principali predatori di merluzzo della zona, le foche.
Come risultato di quella valutazione, il governo canadese decretò la chiusura definitiva della pesca al merluzzo e l’aumento della caccia alle foche fino a 350 mila esemplari l’anno. Neanche lo sterminio sconsiderato e cruento di centinaia di migliaia di foche ha però rappresentato una soluzione al problema della penuria di merluzzo, che si protrae tuttora ai giorni nostri ed è ulteriormente aggravata dalla progressiva diminuzione della popolazione di foche e di altre specie nell’area.
L’errata comprensione del complesso ecosistema
I fattori che hanno decretato il clamoroso fallimento del governo canadese, nell’affrontare e risolvere la situazione da esso stesso generata, sono diversi e tutti ugualmente gravi. Innanzitutto, fu un fatale errore analizzare un sistema particolarmente complesso, cioè l’ecosistema del nord Atlantico, senza prenderne in considerazione l’elevata complessità e adottando una semplice equazione lineare (meno foche uguale più merluzzi). La rete ecologico-alimentare dell’ecosistema dell’area, infatti, è composta da circa 50 specie principali e altrettante specie secondarie, fra molluschi, crostacei, pesci, cetacei e uccelli marini, tutti più o meno direttamente coinvolti nel ciclo di vita delle altre specie.
Non si tenne conto, poi, del fatto che i merluzzi rappresentano solo il 3 per cento circa della dieta di una foca e che il proliferare delle foche sulle coste canadesi non giustificava minimamente la grave diminuzione del merluzzo. Da una successiva analisi più approfondita sulla catena marina del cibo, infatti, risultò che le foche non predavano solo il merluzzo, ma circa 150 specie diverse, fra le quali anche molti predatori del merluzzo stesso. Il massacro di pinnipedi ordinato dal governo canadese, infatti, lasciò campo libero a queste specie, che contribuirono all’ulteriore riduzione dei malcapitati pesci.
Ma l’errore più grave fu quello di escludere dall’equazione e dall’analisi il fattore umano, in particolare l’avidità tipica dell’uomo che, con il ricorso sconsiderato alla pesca industriale a strascico, provocò dapprima la scellerata decimazione del merluzzo, per poi adottarla come pretesto per il deliberato sterminio di massa di un’altra specie, le foche, senza avere la minima certezza sugli effetti finali che ciò avrebbe comportato. L’umiltà di inserire l’uomo nell’equazione e la responsabilità di un’analisi più esaustiva sulle reali cause che avevano condotto alla grave situazione, avrebbero certamente consentito di individuare una soluzione più consona ed efficace.
Nonostante ciò, ancora oggi scienziati e ricercatori continuano a dichiarare che l’eccessiva popolazione di foche nel Golfo di San Lorenzo mette a rischio la sopravvivenza delle specie marine e che, se non verranno rimossi almeno tre quarti dei pinnipedi, i merluzzi scompariranno dall’area nell’arco di 30 anni. C’è da sperare che non si giunga alla completa estinzione delle foche dalle coste atlantiche, prima di comprendere i meccanismi del complesso ecosistema in questione e i gravi errori di valutazione fin qui commessi.
L’importanza di comprendere i sistemi complessi
Il caso del crollo di merluzzo nel nord Atlantico dovrebbe insegnare che la corretta ed accurata analisi di un sistema complesso è fondamentale per comprenderne i molti meccanismi e avere un sufficiente grado di confidenza sui risultati di eventuali interventi. Spesso, infatti, un intervento volto ad irrobustire il sistema, ovvero a risolverne eventuali problemi, non fa che generare nuove (e più gravi) vulnerabilità, minandone ulteriormente il funzionamento. Non necessariamente un’azione che appare ragionevole e razionale porta al risultato atteso.
Molto dipende da come sono collegati fra loro i vari elementi del sistema: ogni sistema complesso, infatti, prevede elementi cosiddetti “nodali”, caratterizzati da numerosi collegamenti, ed elementi “periferici” con un numero di relazioni nettamente inferiore, talvolta pressoché ininfluenti per il funzionamento complessivo. Gli elementi nodali sono molto più influenti degli altri, ma al tempo stesso rappresentano i maggiori punti di fragilità e vulnerabilità del sistema, a dimostrazione che non sempre è un bene avere grossi nodi nel proprio sistema. Basti pensare alle fondamentali differenze fra le reti gerarchiche e le reti peer-to-peer, con relativi pregi e difetti.
I sistemi complessi sono innumerevoli e sempre più presenti ed importanti nella nostra vita quotidiana. Ne sono un esempio, oltre agli ecosistemi, la rete Internet, il sistema di collegamenti ipertestuali del Web, le reti di collegamento interpersonale dei social network, le reti di distribuzione di gas, acqua ed elettricità, il sistema economico e quello finanziario, gli elementi che regolano il clima planetario, i gangli del cervello umano e i corpi celesti che si muovono senza sosta nell’universo. Altri importantissimi esempi sono le forme di aggregazione sociale, come la famiglia, le reti di amicizie, le comunità, le nazioni e le aziende, all’interno delle quali sono molti e svariati i fattori in gioco, come le attitudini personali, i caratteri, le capacità, le aspirazioni, il retaggio culturale e le problematiche che ciascuno porta con sé.
È proprio la mancata comprensione dei complessi sistemi sociali a generare i problemi più tangibili che ci troviamo ad affrontare quotidianamente, basti pensare al dissenso che regna nell’opinione pubblica, in ambito sociale, politico e sanitario, verso i governi che si sono succeduti di recente in Italia. Ne sono una prova tutte le misure di austerità e vessazione tributaria che sono state introdotte negli ultimi anni con l’obiettivo dichiarato di risollevare le sorti economiche, finanziarie e sociali del nostro paese, ma che hanno invece compromesso ulteriormente la situazione generale, distruggendo sempre più il mercato del lavoro, i servizi sanitari e assistenziali, l’istruzione e il benessere dei cittadini. Sarebbe bastata un’analisi approfondita, condotta con umiltà e responsabilità, per rilevare che i problemi nodali del sistema sono l’avidità delle grandi corporazioni e degli speculatori finanziari, la complicità criminale di governanti, politici e media, nonché la cessione della sovranità monetaria ad entità totalmente private.
La stessa carenza di comprensione si riscontra molto spesso anche nelle aziende, nelle quali molti di noi operano per diverse ore al giorno. Nella mia esperienza lavorativa ho assistito a numerosi casi di menti eccelse che, a fronte di elaborazioni lineari piuttosto rudimentali e spesso strettamente personali, con il piglio tipico del salvatore della patria e con l’obiettivo di migliorare l’esperienza lavorativa generale, hanno imposto idee a loro dire innovative e risolutive, commettendo però l’errore di non considerare collegamenti, fluttuazioni, variabili, vincoli ed esigenze dell’intero sistema-azienda, ottenendo quasi sempre una scontata disfatta.
I sistemi complessi sono tali perché a variazioni finite anche molto piccole possono corrispondere variazioni finite molto grandi ma, sebbene le teorie sul caos inducano a credere che non si possa prevedere cosa succederà all’intero sistema, il caos spesso si evolve in maniera deterministica, secondo schemi ben precisi, pertanto una corretta analisi statistica può aumentare notevolmente le possibilità di successo nella predizione dell’esito. Purtroppo chi è chiamato ad analizzare e risolvere i problemi di un sistema complesso, vi si rapporta adottando semplici equazioni lineari e basandosi sul proprio esclusivo stato di coscienza e consapevolezza, gravi limitazioni che minano alla base l’intera analisi e che impediscono di fatto la creazione di un modello aderente alla realtà.
Ciò avviene ovunque, nelle previsioni meteorologiche, come in quelle economiche e finanziarie. Siamo condannati a basarci sulle probabilità, dato che non è fisicamente possibile sapere con certezza come si evolverà un dato sistema a fronte delle sollecitazioni, poiché nessuna mente, per quanto eccelsa, potrà mai elaborare un modello che tenga conto di tutto. Ad eccezione, ovviamente, della coscienza creativa universale che ha dato vita all’universo, alla nostra stessa esistenza, e ne regola costantemente il funzionamento, in modi tanto meravigliosi quanto ancora in larga parte misteriosi, assicurando alle specie viventi tutto ciò di cui necessitano in termini di crescita, nutrizione, guarigione, protezione e sopravvivenza.
Guarda caso, a minare questo meraviglioso sistema, il più complesso che sia mai esistito, è ancora una volta l’essere umano, con il proprio smisurato ego, l’avidità e la smania di controllare tutto.
Come evitare di fare la fine di foche e merluzzi
Il fallimento degli interventi umani e il mancato conseguimento dei risultati attesi, purtroppo, è un rischio ben presente, eppure qualsiasi sistema complesso, con la propria immancabile dose di caos, ha un certo grado di prevedibilità in termini di risposta ed evoluzione. Le fluttuazioni e le variabili che di volta in volta intercorrono nei meccanismi del sistema possono essere controllate con opportune misure, in grado anche di limitarne gli effetti negativi.
Innanzitutto è indispensabile valutare tutti gli aspetti che contraddistinguono il sistema, ovvero gli elementi, le variabili, le peculiarità, i collegamenti, le fluttuazioni e, non ultima, la coscienza stessa dell’osservatore. Quindi, è opportuno osservare in che modo sono collegati fra loro i vari elementi, individuando in particolare quelli nodali, nonché comprendere come questi concorrono primariamente ad influenzare il funzionamento dell’intero sistema. Ciò renderà il quadro complessivo molto più semplice da analizzare, anche a colpo d’occhio, magari ricorrendo ad apposite rappresentazioni grafiche (come quella sotto riportata).
Poi è opportuno elaborare differenti scenari sulla base delle sollecitazioni che si prevede di applicare al sistema, con differenti pesi in termini di cause ed effetti, per poi generare accurati piani di contingenza mediante i quali affrontare ciascun singolo scenario precedentemente definito, possibilmente mettendo da parte l’arroganza e ricorrendo a forti dosi d’umiltà.
Infine, adattare i piani di contingenza affinché consentano di arginare costantemente le eventuali variabili che possono sfuggire al controllo, in maniera tale da impedire che generino fluttuazioni sulle equazioni più semplici o, quantomeno, che non producano effetti particolarmente nefasti sul funzionamento complessivo del sistema. Con la consapevolezza che, poiché i molteplici sistemi complessi che regolano la nostra vita sono interconnessi e interoperanti fra loro, ciascuno di noi può essere, di volta in volta, uomo, foca o merluzzo.
Ettore Guarnaccia
Rappresentazione semplificata
dei rapporti di predazione fra
specie viventi dell’oceano Atlantico
nord occidentale.