La sicurezza è contraddistinta da due aspetti: il sentimento e la realtà. Puoi sentirti sicuro anche se in realtà non lo sei, oppure puoi essere realmente sicuro anche se non ti senti tale. Due differenti aspetti collegati ad un unico concetto. La sicurezza al 100% non esiste, essa è infatti costantemente basata su compromessi: andare al lavoro in auto anziché in bicicletta, prendere il treno anziché l’aereo, mangiare un alimento piuttosto che un altro e così via. Attuiamo molti di questi compromessi quotidiani in maniera inconsapevole, senza accorgercene, perché fanno ormai parte della nostra vita, e ancora più spesso ci basiamo più sul sentimento che sulla realtà. Eppure il più delle volte funziona comunque, ma perché? Semplice, perché in quei casi sentimento e realtà coincidono o quantomeno sono molto vicini fra loro.
Noi esseri umani rispondiamo molto più al sentimento di sicurezza che alla realtà e questo sentimento è costruito su quelle che sono le nostre esperienze, le cognizioni maturate, le informazioni che riceviamo e quelle che non riceviamo. Tendiamo ad esagerare rischi particolarmente spettacolari benché rari e a sottovalutare rischi molto più frequenti e comuni. Ne è un esempio la differenza fra volare e guidare. Percepiamo come più rischioso ciò che è sconosciuto rispetto a ciò che ci è familiare. Inoltre, i rischi personificati, quelli che hanno un nome, sono percepiti come molto più gravi e ingenti rispetto a rischi generici e anonimi. Infine si tende a sottovalutare i rischi inerenti situazioni che siamo in grado di controllare e a sopravvalutare quelli legati a situazioni che non possiamo controllare.
Questo evidenzia un grosso problema nella percezione dei rischi per la nostra sicurezza: il livello di scostamento fra sentimento e realtà. Ancora una volta sono i media a svolgere una funzione fondamentale nella costruzione del nostro sentimento, poiché tendono ad evidenziare e proporre in continuazione rischi piuttosto rari ma che catturano l’attenzione del pubblico. Dal punto di vista della propria sicurezza si potrebbe addirittura dire che se un rischio viene sbandierato e ripetuto nelle news non vale la pena preoccuparsene, mentre quando un rischio sparisce dalle news è il caso di cominciare a tenerlo in considerazione poiché è probabilmente diventato tanto comune da non fare più notizia. Questo conferma come rispondiamo più alle storie, ai fatti eclatanti, che ai dati reali, generando in noi stessi delle vere e proprie distorsioni cognitive.
Tutte queste informazioni e percezioni che raccogliamo ogni giorno agiscono come un filtro fra noi e la realtà, con il risultato di far divergere sentimento e realtà, generando in noi falsi sensi di sicurezza e falsi sensi di insicurezza. Ad esempio, molti di noi sono preoccupati per gli atti di terrorismo sebbene eventi del genere abbiano una bassissima probabilità di verificarsi: ciò avviene perché non siamo in grado di controllarli e non è nemmeno semplice per noi persone normali giudicare l’efficacia delle misure antiterrorismo attuate per la nostra protezione. In definitiva, paura, sentori e credenze popolari creano un modello della realtà alquanto inadeguato, allontanando sempre più il nostro sentimento dalla realtà.
Quindi, ricapitolando, da una parte c’è la realtà, ovvero ciò che ci circonda veramente con i suoi rischi intrinseci, dall’altra c’è il sentimento di sicurezza generato dalla nostra mente, dall’intuizione, che varia in base alle esperienze che viviamo e alle informazioni che riceviamo e analizziamo. Fra i due si interpone un altro concetto, quello del modello cognitivo, cioè la rappresentazione intelligente della realtà, filtrata e limitata dalla scienza, dalla tecnologia e dalle nostre distorsioni cognitive. Da dove prendiamo gli elementi per costruire i nostri modelli cognitivi? Dovunque: dalla religione, dalla cultura generale, dagli insegnanti, dai nostri antenati, dai media, dal governo, dall’industria, dalla scienza e così via. Ognuno di noi ha propri modelli differenti dagli altri poiché basati su esperienze, dogmi e cognizioni differenti da quelli di chiunque altro.
I modelli non sono statici, possono cambiare dinamicamente. Più noi siamo a nostro agio nell’ambiente, più i nostri modelli si avvicinano al nostro sentimento, tanto che se il modello è molto vicino alla realtà che ci circonda e converge con il nostro sentimento, spesso non ci accorgiamo neppure della sua esistenza. Basti pensare a come interagiamo con un ambiente o un evento sconosciuto: dapprima, a causa della forte divergenza fra sentimento, modelli e realtà, soffriamo di eccessiva reazione al potenziale rischio dovuta al fatto che abbiamo una scarsa conoscenza dell’ambito e non siamo ancora in grado di controllarne i meccanismi. Poi, man mano che ci adeguiamo, che ci abituiamo, ecco che i tre elementi cominciano a convergere sempre più fino a sparire dalla nostra percezione conscia. Eppure l’ambito (realtà) non è cambiato, siamo noi che abbiamo maturato un sufficiente volume di esperienze e misure di controllo da modificare i nostri modelli e il nostro sentimento.
Due di questi elementi in particolare, i modelli cognitivi e il sentimento, sono costantemente influenzati e manipolati da differenti soggetti, molti dei quali interessati a condizionare più persone possibile per i propri interessi. È il caso del marketing commerciale, del consenso politico, dei trend sociali, dell’alimentazione, della salute, del lavoro e dell’economia, tanto per fare qualche esempio. Si modifica il modello, il più delle volte attraverso i media, per modificare il sentimento, allontanarlo dalla realtà e spostarlo il più possibile vicino al modello cognitivo desiderato. Per capire quanto sia importante ed efficace modificare un modello cognitivo basti pensare all’evento dell’undici settembre e come esso abbia cambiato i modelli di sicurezza di un intero pianeta in un solo giorno. Oppure a come cambia il nostro modello di sicurezza quando subiamo personalmente un crimine. Ogni evento particolarmente emozionale è in grado di cambiare pressoché istantaneamente uno o più modelli su vasta scala, sempre grazie all’opera di diffusione (appositamente filtrata e manipolata) dei media.
Appare chiaro, quindi, come la fiducia abbia un ruolo fondamentale nella costruzione dei modelli e del sentimento. In numerosissimi casi ci affidiamo al controllo altrui, ogni giorno, in ogni momento. Quando camminiamo per strada diamo per scontato che la nostra sicurezza personale derivi dai controlli della polizia locale, quando prendiamo un aereo diamo per scontato che tutti i controlli tecnici prima del decollo siano stati regolarmente e coscienziosamente svolti dall’equipaggio e dai tecnici, quando dobbiamo curarci ci fidiamo dei farmaci che le agenzie governative e le case farmaceutiche ci indicano come sicuri ed efficaci, quando abitiamo un edificio ci fidiamo del fatto che esso sia stato costruito con i migliori criteri, perciò non controlliamo se il soffitto potrebbe crollarci addosso da un momento all’altro. La storia e l’attualità ci insegnano che questa fiducia non è sempre ben riposta, eppure è difficile che noi modifichiamo consapevolmente i nostri modelli per adeguarci a questo difetto nel processo.
Così, la nostra percezione del rischio viene modificata arbitrariamente in due modi: manipolando il sentimento della gente oppure correggendo il modello cui essa si affida. Mentre quest’ultimo intervento comporta tempi piuttosto lunghi, azioni complicate ed esiti imprevedibili, la manipolazione del sentimento è estremamente efficace e rapida. Questo si applica anche al mercato della sicurezza: molti venditori puntano a far sentire la gente più sicura anche se, in realtà, non fanno nulla. Esistono infatti due principali tipi di fornitori di sicurezza, quelli che rendono la gente realmente più sicura sperando che se ne accorga e quelli che fanno solo sentire la gente più sicura sperando che non se ne accorga. E come fa la gente ad accorgersene? L’unico modo è studiare e comprendere la sicurezza, i rischi, le minacce, le contromisure, come funzionano e i compromessi che regolano il tutto.
Uscire da questo complesso meccanismo non è semplice, soprattutto a causa della nostra resistenza dovuta alla distorsione da conferma, che ci induce ad accettare le informazioni che confermano il nostro bagaglio di credenze e cognizioni, per rigettare tutto ciò che le contraddice (fenomeno del diniego). Ignoriamo i rischi che non ci appaiono convincenti, quantomeno finché non lo diventano adeguatamente da fare breccia nel nostro muro cognitivo e arrivare a modificare il nostro sentimento e i modelli che lo regolano. E dobbiamo tenere conto del fatto che la realtà non è immutabile ed è soggetta anch’essa a cambiamenti e trasformazioni.
Nel lungo periodo, quindi, la nostra sicurezza dipende molto da questi fattori: sentimento, modelli e realtà.
Chi deve disegnare la sicurezza, chi si occupa di politiche e linee guida, chi ha il compito di analizzare i comportamenti sociali che minano la sicurezza, deve considerare equamente sia il sentimento che la realtà e deve riuscire ad indurre le persone a farli coincidere, affinché possano attuare compromessi di sicurezza sempre migliori. Raggiungere un elevato livello di cognizione sul proprio ambiente e i suoi reali rischi (non quelli derivanti da sentimenti e modelli indotti) consente di muoversi in maniera più consapevole e fare scelte molto più affini alla realtà delle cose, aumentando quindi il reale livello di sicurezza e non quello semplicemente percepito.
Questo funziona esattamente allo stesso modo in ambito aziendale. Molte aziende, già contraddistinte da una navigazione prettamente “a vista”, basano la sicurezza del proprio business e delle proprie informazioni sui modelli e sul solo sentimento della direzione, dei manager e dei dipendenti. La salvaguardia del business e la gestione del rischio richiedono il coinvolgimento diretto di tutte le persone di un’azienda, pertanto la riduzione del divario fra la realtà e il sentimento di ognuno, sia esso indotto o maturato, diventa un preciso compito del moderno professionista di sicurezza e risk management. Più la percezione dei singoli si avvicina alla realtà delle cose, maggiore sarà la capacità dell’azienda, nel suo complesso, di rilevare situazioni effettivamente rischiose e dannose per il proprio business.
Più lasciamo che il nostro sentimento e i modelli che regolano il nostro pensiero si allontanino dalla realtà, più sarà probabile che la nostra sicurezza sia solo un miraggio.
Ettore Guarnaccia