Che relazione c’è fra l’abuso di alcol, fumo, sostanze stupefacenti, gioco d’azzardo, energy drink e l’abuso di Internet, dispositivi digitali, videogame e pornografia online? Di certo sono tutte forme di dipendenza, ma fra esse esiste una correlazione significativa legata allo sviluppo psicofisico nella prima infanzia e nell’adolescenza. In questo testo è possibile conoscere le regole fondamentali e i comportamenti più idonei che i genitori hanno la responsabilità di adottare per prevenire dipendenze tecnologiche e da sostanze fin dalle più tenere età.
Luigi Gallimberti è professore di psichiatria delle tossicodipendenze e direttore di tossicologia clinica delle farmaco-dipendenze dell’Azienda Ospedaliera dell’Università di Padova. La presentazione del suo libro “C’era una volta un bambino…” che si è svolta il 26 novembre scorso nel corso del convegno “Tra dipendenze tecnologiche e da sostanze”, insieme agli interessanti risultati di alcuni progetti sociali realizzati sul territorio, mi ha fornito diversi spunti di riflessione sulle moderne forme di dipendenza dei minori.
Fra queste forme c’è la dipendenza da Internet, da social media e da dispositivi digitali mobili, temi che ho trattato nell’evento “Figli e Internet – Conoscerli per Proteggerli” del 10 aprile scorso e di cui tratterò nei prossimi eventi in corso di definizione presso gli istituti scolastici del territorio.
In questa sede intendo evidenziare i collegamenti fra le dipendenze tecnologiche e da sostanze in termini di cause, comportamenti ed effetti, cercando di fornire al lettore (e ai genitori in genere) le migliori misure da adottare per prevenire e rilevare l’insorgenza di forme di dipendenza nei minori.
La dipendenza da sostanze
La dipendenza sembra essere una delle principali piaghe dell’era moderna: le forme di dipendenza aumentano e si diversificano, coinvolgendo ambiti del tutto nuovi e con effetti ancora poco conosciuti sul lungo termine, mentre le famiglie restano sempre più indietro in termini di informazione e preparazione per poter affrontare efficacemente il problema nel complesso. In aggiunta, si abbassa costantemente l’età in cui i minori prendono contatto con una o più forme di abuso e dipendenza.
Ho trovato molto interessanti i risultati di alcuni progetti realizzati sul territorio, come il “Progetto Pinocchio” (Padova e Rovigo 2011-2014) promosso dall’associazione di promozione sociale “Genitori Attenti!” (di cui Gallimberti è presidente), il progetto andrologico permanente “Androlife” promosso dal 2004 dalla Fondazione Foresta ONLUS o la ricerca “Osservatorio SIP sull’adolescenza” condotta dall’associazione Laboratorio Adolescenza in collaborazione con la Società Italiana di Pediatria (SIP). I dati rilevati sono alquanto preoccupanti e indicano come nuove pericolose abitudini e forme di dipendenza mettano a forte rischio il futuro di bambini, adolescenti e giovani.
Giusto per citare qualche dato significativo su fumo e alcol, circa il 3% del campione osservato dei ragazzi di terza media ha sviluppato una dipendenza dal fumo di tabacco, mentre ben il 40% ha almeno provato fumo o alcolici, tanto che il 7% dei ragazzi e il 2% delle ragazze bevono regolarmente alcolici nel weekend. Il numero dei diciottenni che assumono alcolici rimane sostanzialmente invariato, mentre raddoppia il numero di quelli che alzano abitualmente il gomito nel fine settimana.
In tema di sostanze stupefacenti, ben il 6% dei ragazzi di terza media ha già provato cannabinoidi o altre sostanze eccitanti come cocaina e MDMA o Speed (metanfetamine), che dichiarano di riuscire a trovare molto agevolmente in piccole confezioni economicamente accessibili (anche con collette) nelle piazze del centro. Non è un caso che siano sempre più frequenti, infatti, i casi di ragazzi di 13-15 anni cui viene diagnosticata una dipendenza da cannabinoidi (almeno 6-7 spinelli di marijuana o hashish al giorno). Andando avanti con l’età, secondo Androlife oltre il 70% degli studenti diciottenni ha provato il classico spinello, e ben il 60% di questi ne è consumatore abituale (il 12% addirittura ogni giorno).
Restando in tema di sostanze, una nuova minaccia è oggi rappresentata dai cosiddetti energy drink (Red Bull, Monster, Burn, ecc.) che, invece di “mettere le ali” ai giovani, rischiano seriamente di tarpargliele per il resto della vita.
Giusto per aggiornare i meno informati, queste bevande contengono zuccheri raffinati in enorme quantità e vengono arricchite con alte dosi di sostanze stimolanti come caffeina, taurina, guaranà, ginseng, glucoronolattone e niacina. Per fare qualche semplice paragone, una sola bevanda arriva a contenere il 300% in più di caffeina rispetto ad una Coca Cola e oltre sei volte il contenuto di caffeina di un caffè espresso. Nel caso della Four Loko, bevanda in procinto di arrivare anche in Italia, una singola lattina provoca nel minore gli stessi effetti di dodici lattine di birra e tre walky cup di caffè tipo Starbucks assunti insieme.
Gli effetti degli energy drink consistono in eccessiva eccitazione, aritmie, tachicardie, danni ossei e malattie metaboliche (soprattutto obesità e diabete), mentre i danni nel lungo termine sono tuttora da quantificare. Alcune di queste bevande bloccano addirittura i classici segnali di alterazione portando il minore direttamente e senza preavviso al collasso e alla possibile morte per coma etilico.
Eppure ne fa uso, spesso su iniziativa dei genitori (ad esempio con la pretesa di migliorare le prestazioni sportive), ben il 60% dei ragazzi di terza media, una percentuale assolutamente allarmante se si considera che esse predispongono al successivo uso di sostanze come tabacco, alcol e stupefacenti. I risultati del Progetto Pinocchio, infatti, evidenziano che il minore che assume energy drink ha il 400% di probabilità in più di diventare fumatore e il 600% in più di diventare alcolista. Colpa della pubblicità criminale e dei troppi interessi economici che impediscono una corretta indicazione di pericolosità e adeguate campagne informative, certo, ma anche dell’altrettanto colpevole scarsa informazione delle famiglie.
Molto preoccupanti anche i dati sul gioco d’azzardo, che coinvolge almeno il 30% dei ragazzi in prima media e fino al 40% in terza media, soprattutto sotto forma dei cosiddetti “gratta e vinci”, spesso regalati dai famigliari. Il 4% degli studenti di terza media si dedica abitualmente a slot machine, scommesse e gioco d’azzardo in genere. Secondo il prof. Gallimberti, il 74% dei ragazzi delle scuole medie ha sperimentato sostanze dannose e azzardo e, fra questi, il 17% ha sviluppato un pericoloso comportamento a rischio di dipendenza: si tratta di circa 300.000 giovanissimi su un totale di 2,4 milioni di studenti delle scuole medie italiane.
La dipendenza tecnologica
La dipendenza dalle moderne tecnologie digitali è un fenomeno in forte crescita e diffusione che assume diversi aspetti a seconda del dispositivo e delle modalità di fruizione. Si parla, ad esempio, di dipendenza da Internet, da social media, da chat, da videogiochi, da filmati pornografici online e da cybersesso, tutte forme di dipendenza che presuppongono l’utilizzo di dispositivi digitali connessi alla grande rete.
Anche per queste forme di dipendenza non mancano le sorprese: sono molti più di quanto si possa immaginare i giovani ossessionati dallo smartphone e dalle console di gioco come PlayStation, XBox e Wii, che cadono preda di reazioni aggressive ed isteriche in caso di privazione forzata o la cui vita è fortemente condizionata da lunghe sessioni di multiplayer online, pratica alquanto sedentaria che non prevede l’incontro fisico con gli amici (rendendo felici i genitori più pigri che non devono accompagnarli di qua e di là).
Sconcertante il dato sul possesso di almeno un profilo social: quasi tutte le piattaforme di social network richiedono almeno 13 anni compiuti (ma servirebbe anche un’adeguata preparazione preventiva) per l’iscrizione, eppure ben il 55% degli alunni di prima media, il 71% di seconda media e il 79% di terza media possiede un profilo su almeno una piattaforma (Facebook, Instagram e Ask le preferite). Appare evidente che pressoché tutti i ragazzini mentono sull’età all’atto dell’iscrizione, spesso con la colpevole complicità dei genitori.
I dati statistici indicano che chi ha oltre 500 amici virtuali è spesso soggetto a problemi comportamentali ed è più incline di altri all’abuso di sostanze. Secondo Laboratorio Adolescenza, l’eccessivo utilizzo dei social media, inoltre, aumenta notevolmente il rischio su più fronti, triplicando le probabilità di cadere nel vizio del fumo, quintuplicando quelle di dipendenza da cannabis e raddoppiando quelle di alcolismo. Troppo social significa troppa vita virtuale e poca vita reale, poco sport, pochissimo studio, zero lettura, scarsissima cultura, ovvero la distruzione del proprio futuro, oltre ad amplificare rischi ed effetti in termini di cyberbullismo, esibizionismo e trasgressione.
Molti, troppi i minori che dispongono di uno smartphone personale già dalla quinta elementare, spesso regalato da genitori e parenti (gettonatissime le prime comunioni!), per giungere in terza media con ben il 10% dei ragazzi che invia abitualmente più di 500 messaggi brevi al giorno fra SMS, Whatsapp, Facebook e altre app di instant messaging. Per molti di loro, la fruizione di videogame, social media o instant messaging si protrae per diverse ore e troppo spesso si svolge in concomitanza con una visione passiva della televisione, originando una dannosissima sovrastimolazione del cervello e una pericolosa somma degli effetti negativi.
Non serve svolgere specifiche ricerche per apprezzare gli effetti della dipendenza digitale, basta osservare le fermate degli autobus all’uscita dalla scuola o il comportamento di molti giovani nelle occasioni conviviali: conversazione pressoché azzerata, silenzio interrotto qua e là da grugniti di soddisfazione, scherno o fastidio a fronte del messaggio istantaneo di turno, spesso scambiato con l’amico a fianco. Al giorno d’oggi, intere conversazioni arrivano a svolgersi totalmente online per evitare orecchie indiscrete di compagni, fratelli e genitori, mentre i volti dei minori vengono illuminati dal basso da quei maledetti piccoli display.
Non è un caso se è addirittura nata l’idea di un’app anti-smartphone disegnata per indurre i possessori ad interagire faccia a faccia con famigliari e amici, invece di volgere ossessivamente l’attenzione al proprio smartphone. L’app, che si chiamerà “Apple Tree”, è studiata per immobilizzare lo smartphone quando due o più amici social avvicinano i propri dispositivi digitali, ad esempio in un ritrovo o in compagnia, presentando sul display un albero che cresce e produce frutti digitali che valgono punti. L’idea di un gruppo di ventenni di Singapore ha vinto un finanziamento di 30.000 dollari agli Splash Awards e troverà realizzazione entro marzo 2015, quando la nuova app verrà rilasciata gratuitamente.
Molti gli studenti delle medie che dimostrano evidenti sintomi di dipendenza da videogiochi, che non sono quasi mai adatti alla loro età. Si tratta di giochi come Assassin Creed, Call of Duty, Battlefield, Tomb Raider e The Last of Us, o come il famigerato GTA V (Grand Theft Auto 5), il più richiesto e giocato anche dai ragazzini delle medie, caratterizzato da elevato contenuto di violenza, crimine, sesso esplicito, dissacrazione, abuso di alcol, tabacco e stupefacenti, nonché da un ricorso sfrenato allo splatter, con squartamenti, smembramenti e sangue ovunque.
Sono videogiochi espressamente vietati ai minori ma che, grazie a rivenditori “disattenti” o genitori e parenti troppo disinvolti e disinformati (o attraverso i fratelli maggiori), finiscono nelle grinfie dei più piccoli. Molti ragazzi di quinta elementare e delle medie vi giocano di nascosto con gli amici, non senza una punta di orgoglio. Chi ha partecipato al convegno ricorderà bene le espressioni di stupore dei presenti durante la proiezione di un breve filmato di GTA V in cui il protagonista (impersonato dal ragazzino giocatore) prima fa sesso con una prostituta fumando uno spinello, quindi la uccide barbaramente investendola con l’auto per rubarle i soldi guadagnati.
I principali rischi legati ai videogiochi sono, da una parte la dominanza che essi sono in grado di conquistare nei pensieri dei più giovani, dall’altra l’inquinamento della loro coscienza con tutte le peggiori espressioni di brutalità, odio e violenza che l’essere umano è in grado di generare. Come vedremo più avanti, questi due fattori hanno un enorme peso sullo sviluppo psicofisico dei minori.
Troviamo dati piuttosto allarmanti anche su pornografia e cybersesso, con la fascia 10-13 anni che vi accede abitualmente grazie all’ampia disponibilità di dispositivi mobili personali (smartphone, tablet e console). Molti passano il tempo a vedere filmati pornografici grazie alla vasta offerta online a titolo gratuito, sia a casa che in compagnia degli amici e, spesso, ne condividono i contenuti con i coetanei sulle piattaforme social. Cresce sensibilmente il numero di giovanissimi (a partire dai 12-13 anni) che pubblicano fotografie provocanti, talvolta al limite della pornografia, sui propri profili dei social media, con Facebook a detenere il primato di vetrina virtuale. Ovviamente lo fanno senza adottare alcun criterio di limitazione della visibilità a terzi, tanto che sono moltissimi i profili personali dei minori con accesso totalmente pubblico ai contenuti multimediali e testuali, anche quelli più sensibili e privati.
Salendo d’età le cose non migliorano affatto: stando ai dati di Androlife, ben otto diciottenni su dieci visita con una certa frequenza siti pornografici e la metà lo fa abitualmente, tanto che ben il 40% dichiara di aver subito una modificazione della percezione sessuale a questi stimoli, che si traduce anche in riduzione o perdita del desiderio sessuale.
A tal proposito vorrei citare un evento significativo che si è verificato quest’anno e che, a mio avviso, è un chiaro indicatore di quale direzione ha intrapreso questa società dominata dai dispositivi digitali e da istinti deviati e incontrollati. L’evento è stato denominato “The Fappening” (dalla crasi fra “fap”, suono onomatopeico che richiama l’atto della masturbazione maschile e “happening”, avvenimento) e ha riguardato la sottrazione, in più fasi successive, di contenuti multimediali privati (foto e video) di oltre 200 celebrità dell’entertainment (attrici, cantanti e modelle).
Non si sa con certezza se ciò sia avvenuto sfruttando una vulnerabilità del sistema di cloud storage (archiviazione online) di Apple oppure violando direttamente gli account email associati a Apple iCloud, ma l’aspetto veramente degno di nota è un altro: grazie alla pubblicazione online integrale di tutti i contenuti sottratti, infatti, è apparso evidente come fosse abitudine di tutte le vittime dell’evento produrre e conservare filmati e fotografie a sfondo sessuale e pornografico autoprodotti con i propri smartphone.
Si tratta di star del calibro di Rihanna, Jennifer Lopez, Nicki Minaj, Jennifer Lawrence, Jessica Alba, Scarlett Johansson, Kirsten Dunst, Avril Lavigne, Bar Refaeli, Kate Upton, Kaley Cuoco e Amber Heard, tutte celebrità che animano i film, magazine e video musicali preferiti dai ragazzi. Fra le vittime troviamo anche protagoniste del circuito Disney e di sitcom per ragazzi come Vanessa Ann Hudgens, Victoria Justice, Selena Gomez, Taylor Swift, Ariana Grande e la spregiudicata Miley Cyrus (ex Hanna Montana).
Il messaggio che i ragazzini (soprattutto le femminucce) possono facilmente trarne è che, se la società accetta passivamente esempi del genere, in fondo sia del tutto normale scattarsi selfie (semi)nudi davanti allo specchio o filmarsi in atti pornografici e portarsi tranquillamente in giro questi contenuti nel proprio smartphone, caricarli sul cloud o addirittura pubblicarli su piattaforme social (Twitter va molto di moda fra le star per i selfie provocanti). Questo contribuisce anche ad alimentare i sempre più diffusi fenomeni del sexting (l’invio di contenuti provocanti via instant messaging) e della pedopornografia (la detenzione di contenuti pornografici di minori, reato penalmente perseguibile) fra i giovani.
Come ha giustamente illustrato al convegno il dott. Tommaso Palumbo, dirigente del Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni per il Veneto ed ex responsabile del CNAIPIC (Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche), l’avvento degli smartphone ha innescato un vero e proprio cambiamento epocale nella fruizione di contenuti dannosi fra i giovani, rendendo vana qualsiasi misura di filtro o controllo entro le mura domestiche. Oggi troppi ragazzi dai 10 anni in su dispongono di uno smartphone con cui giocare e attraverso il quale visualizzare, spesso autoprodurre materiale pornografico e pedopornografico, con infiniti canali e mezzi di condivisione e diffusione incontrollata.
Secondo il dott. Palumbo, l’atteggiamento dei genitori sul tema è nullo o del tutto inefficace, poiché frutto della scarsa informazione e della difficoltà di tenersi al passo con i figli sull’uso e sulle potenzialità delle moderne tecnologie digitali. Di fatto, essi sono vittime di sé stessi. In aggiunta, la legislazione italiana in materia di limiti d’età per l’accesso a social media ed energy drink è inesistente, perciò mancano le fondamentali leve di dissuasione e punizione.
Le modificazioni neurali alla base delle dipendenze
Secondo il prof. Gallimberti, le forme di dipendenza hanno cause ben precise, a partire dalle modificazioni neurali subite in epoca precocissima per lo scarso sonno, la cui deprivazione produce nei neuroni le stesse modificazioni indotte da sostanze stupefacenti come la cocaina. Le sinapsi che mettono in comunicazione i neuroni vengono sollecitate (spesso bombardate) da stimolazioni forti e dannose che le fanno sviluppare e le rendono prevalenti rispetto alle altre sinapsi del cervello, favorendo così comportamenti errati e deleteri.
Le sinapsi, infatti, trasformano gli stimoli elettrici in stimoli chimici per mettere in comunicazione fra loro i neuroni, liberando un neurotrasmettitore. Il comportamento errato modifica gli stimoli elettrici, mentre l’intromissione di sostanze fra le sinapsi crea la dipendenza, grazie anche al fatto che le gratificazioni artificiali sono generalmente più intense di quelle naturali. La dipendenza si crea, quindi, non solo attraverso l’uso di sostanze stupefacenti ma anche con esperienze particolarmente stimolanti e stressanti.
Maggiore è l’esposizione a questi stimoli dannosi, maggiore è lo stress che causa il distacco delle sinapsi dai neuroni (fino all’80%), con la conseguenza di minare la maturazione e la solidificazione della corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC). Tale area del cervello è deputata all’organizzazione e pianificazione dei comportamenti complessi e delle cognizioni di livello superiore, che vanno dalle azioni volontarie e logicamente ordinate, alla programmazione motoria, alla fluidità verbale, all’apprendimento e all’utilizzo di concetti e strategie.
Il cervello, inoltre, effettua una specie di “potatura” delle sinapsi in due particolari occasioni della vita dei minori, ovvero nel periodo 2-4 anni e intorno ai 14 anni. L’operazione di potatura serve ad eliminare le sinapsi meno sviluppate privilegiando il mantenimento di quelle maggiormente stimolate che, nel caso dei soggetti più esposti a stimoli dannosi, sono quelle più pericolose per il comportamento, la cognizione e l’apprendimento futuri.
Secondo il prof. Gallimberti, gli errori pedagogici commessi nell’età 0-4 anni e poi fino ai 14 anni, attraverso la deprivazione del sonno, l’esposizione a stimoli particolarmente stressanti e l’eccessiva permissività sono alla base di futuri comportamenti di dipendenza patologica da sostanze e/o da tecnologie digitali. Urge una vera prevenzione, non come quella generalmente millantata dalla medicina convenzionale e che somiglia molto di più ad una mera rilevazione (vedi mammografie, pap-test, esami della prostata, ecc.). Il coinvolgimento e una corretta informazione di genitori ed educatori sono fondamentali fin dalle più tenere età, tanto che sono allo studio future collaborazioni con gli asili nido per instaurare adeguate misure di prevenzione in età prescolare.
In definitiva, la dipendenza si genera in colui che non dorme abbastanza (ovvero dalle 12 alle 9 ore a seconda dell’età) e non ha regole precise che è tenuto a rispettare. L’eccessiva permissività è la principale nemica della salute psicofisica futura dei minori, sia a causa dei danni da abuso provocati nel cervello, sia (aggiungo io) a causa dell’inquinamento che tutti gli stimoli dannosi cui il minore è esposto provocano a livello di coscienza.
Come scrive il prof. Gallimberti nel suo libro “C’era una volta un bambino…”, le regole d’oro da far seguire ai propri figli per una corretta prevenzione delle dipendenze sono poche e semplici: innanzitutto il caro vecchio buon senso, principalmente in termini di comportamento e giusto riposo, quindi la concessione di denaro solo se guadagnato e solo a partire dai 6-8 anni (controllando anche come e dove viene speso), infine regole chiare da rispettare, iniziando dalla più classica “prima il dovere e poi il piacere”.
Non è mai troppo tardi
Chi ha figli in età scolare, in piena adolescenza o già maggiorenni si chiederà se ormai non sia troppo tardi per intervenire su eventuali danni causati per non aver rigorosamente rispettato le tre regole d’oro del prof. Gallimberti. Fatta salva l’opportunità della seconda potatura delle sinapsi che avviene in età adolescenziale, ci viene in aiuto l’associazione Laboratorio Adolescenza illustrandoci i quattro comportamenti chiave che gli adolescenti desiderano dagli adulti e potrebbero consentire a genitori, famigliari e insegnanti di prevenire e/o rilevare qualsiasi tipologia di dipendenza.
Il primo è l’attenzione, ovvero non oppressione o ipercontrollo, ma il provare la sensazione di esistere nel cuore e nella mente dei genitori, che magari sono connessi virtualmente ai propri figli, ma di fatto incapaci di risultare significativi e affettuosamente presenti nella vita dei ragazzi, poiché sempre più distratti da mille altre cose. Un’attenzione sotto forma di sintonizzazione verbale e non verbale, come intuizione, come percezione di eventuali malesseri del figlio senza che si giunga a situazioni o comportamenti estremi.
Il secondo è il dialogo, poiché l’adolescente apprezza e rispetta molto di più il genitore attento che sa dialogare come base del suo essere comunque autorevole, piuttosto che il genitore manovrabile. Fin da piccoli i figli riescono spesso a forzare le regole grazie ad adulti più o meno compiacenti, talvolta complici, che non sono preparati a percepire il danno provocato dalla somma dei loro comportamenti errati. È fondamentale porre limiti precisi, ben spiegati ma da far rispettare con affettuosa fermezza, se si vuole indirizzare al meglio la vita dei figli, quindi è meglio un dialogo seppur particolarmente acceso piuttosto che un’eccessiva permissività.
Il terzo è la comprensione, che garantisce un senso evolutivo agli errori ma senza escludere rimproveri o punizioni quando opportuno. Comprensione non è sinonimo di giustificazione, ma significa capire perché il minore ha sbagliato senza per questo approvare le motivazioni che lo hanno condotto all’errore.
Il quarto è l’ascolto, prima di tutto attraverso una disposizione d’animo, prima che di udito. L’ascolto non va confuso con l’interrogatorio, che ne è l’opposto perché si fonda sulla ricerca degli eventi, invece che sui sentimenti che li accompagnano. L’ascolto vero e proprio è indirizzato a rilevare lo stato d’animo del figlio, i sentimenti che lo dominano e le profonde motivazioni che li originano.
Le conclusioni di Laboratorio Adolescenza sono del tutto analoghe a quelle che illustro negli eventi di educazione sulla sicurezza online, evidentemente perché le diverse forme di dipendenza (che siano tecnologiche o da sostanze) hanno molto in comune in termini di cause e comportamenti.
Come abbiamo visto, dietro le cause ci sono soprattutto i genitori e, in senso più allargato, la famiglia, ecco perché per prevenirne l’insorgenza e rilevarne tempestivamente i sintomi è fondamentale che i genitori per primi rispettino questi cinque comportamenti:
- partecipare, cioè informarsi, interessarsi, condividere, discutere, affiancarsi e confrontarsi;
- comunicare, ovvero dialogare, ridurre il divario genitore-figlio, educare attraverso l’esempio, condividere e trasmettere i propri sani principi;
- ascoltare, in ogni situazione, perché qualsiasi momento può essere decisivo, focalizzare l’attenzione su sentimenti, pensieri, interessi e preoccupazioni del figlio, mantenendo sempre aperto il canale d’ascolto;
- regolamentare, cioè regole chiare e precise, con relative conseguenze di eventuali violazioni (ad esempio niente smartphone personali né profilo social prima dei 13 anni, niente videogiochi né contenuti inadatti alla loro età, niente dispositivi digitali a tavola, a letto, prima di dormire o in situazioni in cui la loro attenzione è richiesta altrove);
- vigilare, cioè prestare attenzione a qualsiasi indizio sospetto e tenere d’occhio i comportamenti dei figli, senza mai delegare il compito a terzi (ad esempio affidandosi ai fallaci sistemi di controllo parentale), magari usando l’affiancamento (vedi “partecipare”).
In conclusione, non è mai troppo tardi per intraprendere i giusti comportamenti e adottare le misure più opportune per prevenire l’insorgenza di pericolose forme di dipendenza e di comportamenti sbagliati nei nostri figli. Ovviamente, più bassa è l’età del minore in cui i genitori iniziano ad adottare opportune misure di prevenzione, minori saranno le probabilità che i pargoli cadano preda della dipendenza, sia essa tecnologica o da sostanze.
Come genitori, abbiamo l’enorme responsabilità di educare i nostri figli ad una vita attiva, concreta, fatta di esperienze reali e di sane passioni, di dialoghi che si svolgono guardandosi negli occhi, conditi da vera attenzione, da sintonia fra testa e cuore, da partecipazione, magari con le mani libere e pronte ad un caldo abbraccio piuttosto che ad un asettico “Like”.
Ettore Guarnaccia
Trackback / Ping