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Tecnologia e intelligenza artificiale: fino a dove spingersi?

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La tecnologia fallisce. Non c’è niente da fare, prima o poi una tecnologia fallisce. Il motivo è semplice: qualsiasi tecnologia è sviluppata dall’uomo che, per sua propria natura, è portatore di difetti. Di conseguenza, qualsiasi tecnologia soffre di errori e vulnerabilità dovuti al fatto che chi l’ha sviluppata è difettoso, fallace. Eppure oggi una moltitudine di persone, oserei dire la stragrande maggioranza, ripone perlopiù inconsapevolmente la propria incondizionata fiducia sulle tecnologie, senza pensare minimamente ai rischi cui si espone e alle possibili conseguenze.

Quasi tutti portano con sé uno smartphone in cui sono archiviate informazioni private e sensibili, come email, conversazioni, documenti, foto, filmati e chissà cos’altro. Grazie alla crescente spinta dei produttori di tecnologie verso l’adozione di massa dei servizi di cloud computing, moltissimi utenti archiviano inconsapevolmente i propri contenuti su servizi di archiviazione web come Apple iCloud, Google Foto e Microsoft OneDrive.

Moltissime sono anche le informazioni quotidianamente caricate sui social network e sui servizi di posta elettronica e messaggistica istantanea, come Instagram, Facebook, Google+, GMail, Whatsapp, Allo, Telegram, Snapchat, ecc. Tutto ciò che viene inserito, pubblicato o condiviso è accuratamente archiviato – per sempre – presso i sistemi informativi dei fornitori di tali servizi, principalmente Facebook, Google e altre aziende di minore estensione, che ne detengono automaticamente la proprietà e lo usano per i più svariati scopi.

Si parla sempre più di intelligenza artificiale applicata ad un numero crescente di settori, come la sanità, i trasporti, le reti neurali finanziarie ed economiche, i videogiochi. Se a qualcuno può apparire affascinante pensare ad un’automobile che si guida da sola o ad un drone che è in grado di uccidere selettivamente sulla base del riconoscimento facciale, forse è il caso di evidenziare che dietro l’intelligenza artificiale si nascondono algoritmi software che prendono decisioni in tempi ridottissimi sulla base di una programmazione creata dall’uomo.

Così come esistono numerosissimi casi, di pubblico dominio, sulla vulnerabilità e la fallacità delle tecnologie sopra citate – basti pensare all’evento “Fappening” che ha esposto al pubblico ludibrio oltre 300 celebrità in tutto il mondo, agli incidenti mortali dei veicoli a guida autonoma o ai problemi di sblocco dell’avveniristico iPhone X – è altrettanto lecito immaginare che moltissimi errori di programmazione si nascondano in pressoché tutte le tecnologie oggi disponibili. Tanto che, nonostante gli sforzi dei produttori nel rilasciare aggiornamenti di sicurezza siano sempre più frenetici, cresce costantemente il numero di malfunzionamenti e di vulnerabilità cosiddette “0-day” che conducono inevitabilmente alla violazione o al fallimento delle rispettive tecnologie.

Finché non riesci a sbloccare il tuo iPhone, il problema può anche essere gestibile, ma quando ti metti alla guida di un’automobile a guida autonoma in autostrada, quando il tuo account online viene violato e le tue foto e i tuoi filmati privati vengono diffusi online, oppure quando un drone killer viene rilasciato in missione nell’ambiente e il riconoscimento facciale ti scambia per l’obiettivo, allora le conseguenze potrebbero essere irreparabili, se non mortali.

Il 25 maggio entrerà in vigore il regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR, General Data Protection Regulation- Regolamento UE 2016/679) con l’intento di rafforzare e rendere più omogenea la protezione dei dati personali dei cittadini europei. Per quanto esso preveda accertamenti regolari e periodici sulle misure di protezione dei dati e multe fino a 20 milioni di euro o fino al 4% del volume d’affari globale dell’azienda responsabile di violazione delle norme, non potrà mai eliminare le falle e le vulnerabilità dei software utilizzati per il trattamento dei dati, in quanto prodotti da esseri umani.

Tutto ciò che pubblichiamo verrà usato contro di noi e ogni volta che deleghiamo azioni critiche alla tecnologia, mettiamo in pericolo la nostra vita o quella degli altri.

Il livello di tutela della propria privacy e della propria incolumità fisica è inversamente proporzionale alla fiducia che riponiamo nella tecnologia come archivio e gestore delle nostre informazioni e come esecutore di programmi ed algoritmi. Nell’era dell’iperconnessione e dell’iperdigitalizzazione, l’unica via di salvezza sta nel non riporre la propria fiducia incondizionata e inconsapevole sulla tecnologia.

È urgente prendere coscienza di come la tecnologia stia attraendo le nostre vite con la promessa di migliorarle, renderle più emozionanti, più spettacolari, più agevoli, mentre in realtà ne sta risucchiando l’essenza e ci sta esponendo a rischi le cui conseguenze potrebbero essere ingestibili e fatali.

Fino a dove potremo spingerci prima di superare il punto di non ritorno?

Aspetto i vostri commenti.

 

Ettore Guarnaccia

 


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