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Gli effetti psicofisici e fisici della dipendenza tecnologica sui giovani

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Vivere in una società ipertecnologica e iperconnessa significa anche vivere nell’epoca della solitudine, in cui isolarsi da ogni legame è più facile che mai. L’abuso di dispositivi digitali ha numerosi effetti, sia psicofisici che fisici, che non vanno sottovalutati, in particolare per bambini, adolescenti e giovani adulti. Ecco i principali effetti che è bene conoscere.

L’ho scritto e detto ormai moltissime volte: viviamo in una società ipertecnologica e iperconnessa, nella quale possiamo creare migliaia di relazioni virtuali attraverso applicazioni social, restando dietro un display. Il giornalista e saggista britannico George Monbiot l’ha giustamente definita “l’epoca della solitudine” e da più parti arriva il grido d’allarme sul senso di solitudine che attanaglia la società moderna, in particolare i giovani che si sentono soli sempre più spesso, che sono preoccupati dal sentirsi soli e che si sentono depressi a causa del senso di solitudine molto più degli anziani.

Lo conferma lo psichiatra e past president della Società Italiana di Psichiatria (SIP) Claudio Mencacci: “il disturbo depressivo è in aumento (…) e la causa primaria sta nella progressiva e crescente sensazione di isolamento sociale” e ancora “i più diffusi disturbi comportamentali tra giovani e giovanissimi sono spesso legati alla carenza di sonno e all’eccessivo uso delle tecnologie“. Johann Hari, scrittore e giornalista britannico, ritiene che nella società moderna abbiamo creato un ambiente e una cultura che ci isolano da ogni forma di connessione emotiva o, peggio, ce ne offrono una parodia generata da Internet e intermediata dalla tecnologia: “abbiamo creato società umane in cui isolarsi da ogni legame è più facile che mai. Per troppo tempo si è parlato della riabilitazione dell’individuo dalla dipendenza e del riequilibrio di cervelli malati. Ciò di cui abbiamo un estremo bisogno di parlare oggi è la riabilitazione sociale da un isolamento che ci sta avvolgendo come una spessa coltre di nebbia“.

Come genere umano, abbiamo fatto enormi investimenti in tecnologia digitale senza preoccuparci di bilanciarli con un concomitante aumento della cultura, della competenza e della consapevolezza per abilitarne un uso sano, proficuo e sicuro. Il senso di solitudine che affligge la società moderna è il risultato di tutto questo e, purtroppo, la solitudine genera solitudine.

 

L’economia dell’attenzione

Diversi padri di queste tecnologie digitali ci hanno ammonito: “tutti sono distratti, per tutto il tempo” ha denunciato Justin Rosenstein, ideatore del pulsante “like” di Facebook, che sostiene come i dispositivi digitali generino dipendenza e causano una costante frammentazione dell’attenzione, anche da spenti, tenendo le persone incollate al display, limitandone gravemente la capacità di concentrazione e addirittura abbassandone il quoziente intellettivo. “Ognuno di noi è connesso a questo sistema e tutte le nostre menti possono essere prese in ostaggio e dirottate: le nostre scelte non sono così libere come crediamo” ha affermato Tristan Harris, ex dipendente di Google, nel suo intervento su TED a Vancouver. Si aggiunge al coro anche Loren Brichter, creatore della funzione pull-to-refresh delle app che, analogamente alla leva delle slot machine, ha avuto un’immediata attrattiva fra gli utenti: “gli smartphone, pur essendo utili strumenti se usati in modo proficuo, in realtà creano dipendenza e hanno effetti negativi“.

Nell’ormai lontano 1995, lo psichiatra americano Ivan Goldberg propose di introdurre nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) dell’American Psychiatric Association la sindrome Internet Addiction Disorder (IAD), definendola “incontrollabile ed esasperata ricerca di contatti e relazioni virtuali, come conseguenza di una condizione psicologica che provoca un’alterazione del comportamento, fino a generare disfunzioni negative della sfera relazionale e affettiva“.

Secondo i dati dei produttori, in media prendiamo in mano lo smartphone circa 80 volte al giorno, tocchiamo il display dalle 2.600 alle 5.400 volte al giorno e vi interagiamo dalle 2, 5 alle 4 ore al giorno. Guardando la società moderna in maniera onesta e oggettiva, quanti di noi potrebbero oggi sottrarsi alla diagnosi di IAD?

Alla sindrome IAD, che in realtà andrebbe oggi ridenominata in Technology Addiction Disorder, si è aggiunta anche la ludopatia (la dipendenza dal gioco patologica, in particolare da videogiochi e gioco d’azzardo) che a gennaio 2018 è stata inclusa dall’OMS nella lista ufficiale delle malattie diagnosticabili. Nel frattempo vengono classificate nuove forme di disturbo e fobia, come la nomofobia (la paura di restare sconnessi, ad esempio quando finiscono i giga o non funziona il WiFi) e la FOMO (Fear Of Missing Out, la paura di perdersi notifiche). Da qualche anno è attivo il Centro Pediatrico Interdipartimentale per la Psicopatologia da Web presso il Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma.

 

Gli effetti psicofisici

La dipendenza diffusa nella società, in particolare fra bambini, adolescenti e giovani, produce numerosi effetti psicofisici: la dominanza del pensiero, l’aumento della soglia di tolleranza, i sintomi di assuefazione e, quindi, di astinenza, una forte carenza di attenzione, la diminuzione di fatto del quoziente intellettivo (dovuta alla difficoltà di attuare ragionamenti logici lineari, senza interruzioni e perturbazioni, quindi l’impossibilità di rendere come si potrebbe), la tendenza all’isolamento, ansia, depressione, rabbia, odio e noia. Questi sono solo i principali effetti psicofisici della dipendenza tecnologica, dovuti soprattutto a due fattori.

Il primo fattore è costituito dalla già citata attrazione che le moderne tecnologie attuano sugli utenti, in particolare su bambini e adolescenti, poiché disegnate e sviluppate appositamente per catturare l’attenzione e mantenere il più possibile le persone incollate al display, grazie al sapiente sfruttamento, da parte dei produttori, del meccanismo della ricompensa variabile sia nelle applicazioni (tramite like, notifiche, follower, swipe, ecc.) sia nei giochi (in varie forme, dai bauli di Fortnite, Clash Royale e Brawl Stars ai meccanismi tipici delle slot machine e dei giochi numerici). Il problema è che la ricompensa variabile causa veri e propri boom di dopamina nel cervello degli utenti, andando a stimolare le aree del cervello dedicate alla gratificazione artificiale che, man mano che vengono rinforzate, potenziano la predisposizione alla dipendenza e possono aprire la strada a nuove forme di dipendenza (alcol, fumo, sostanze, ecc.).

Il secondo fattore è costituito dalla carenza di consapevolezza e di educazione digitale che pervade la nostra società, in cui le persone si abbandonano alla tecnologica senza controllo, senza limiti e senza filtri, rendendosi automaticamente vittime dei meccanismi ingegnati per tenere la loro mente in ostaggio. Il problema è strutturale: non si è investito nella cultura e nell’educazione digitale a livello governativo e scolastico, mentre i genitori sono quasi sempre totalmente impreparati a comprendere i rischi connessi all’abuso delle tecnologie digitali e i potenziali effetti sui loro figli.

La situazione per bambini, adolescenti e giovani adulti è pressoché tragica: un’intera generazione, la Generazione Z (1996-2010) è nata nel pieno boom tecnologico ed è cresciuta immersa in un contesto ipertecnologico e iperconnesso, abbracciando in maniera naturale la tecnologia digitale (smartphone, tablet, social, smartwatch, ecc.) ma senza poter beneficiare di educazione, consapevolezza e preparazione adeguate a consentire loro di riconoscere le minacce, adottare comportamenti preventivi e gestire con efficacia eventuali incidenti di percorso.

Il risultato è un netto ed evidente decadimento della qualità della vita, soprattutto in termini di relazioni, vita sociale, durata e qualità del sonno, alimentazione e addirittura igiene personale. Basta guardarsi in giro: ragazzini e giovani curvi, statici, con lo sguardo fisso incollato al display, senza alcun contatto visivo e auditivo con l’ambiente circostante, magari con le cuffie alle orecchie ad aumentare la parvenza di chiusura e inavvicinabilità che emanano all’esterno.

Negli ultimi anni è in lieve aumento la sensibilità su questi temi a livello familiare e scolastico, grazie alle iniziative sporadiche di esperti e dirigenti scolastici più sensibili, tuttavia molto probabilmente questa generazione crescerà e affronterà la vita adulta portando con sé una forte predisposizione all’abuso della tecnologia e altrettanto forti carenza in materia di educazione digitale e di consapevolezza su minacce e rischi connessi all’esperienza online.

 

Gli effetti fisici

Ma la dipendenza tecnologica ha anche diversi effetti di tipo fisico: sempre maggiore sedentarietà, sempre minore tempo passato all’aperto alla luce naturale, con ricadute in termini di sovrappeso e obesità, notevole aumento dei difetti visivi, miopia in particolare, e la crescente comparsa di problemi muscolo-scheletrici al collo, alla schiena e alle mani.

Secondo uno studio condotto dal ricercatore australiano Ian Morgan dell’Università di Canberra presso alcune scuole di Guangzhou in Cina, i bambini hanno bisogno di passare un minimo di tre ore al giorno esposti a livelli di luce di almeno 10.000 lux per essere protetti contro la miopia, praticamente come stare all’ombra di un albero in un bel giorno d’estate, indossando occhiali da sole. Ovviamente senza usare dispositivi digitali. Secondo quanto verificato, infatti, la luce stimola il rilascio di dopamina nella retina, il neurotrasmettitore che blocca l’allungamento dell’occhio durante le fasi di sviluppo. In casa, a scuola o nei posti chiusi in generale, anche se ben illuminati, non si superano di solito i 500 lux, quindi l’esposizione spesso inferiore alle due ore che caratterizza i bambini del mondo occidentale, e ancor più quelli dei paesi asiatici, non è sufficiente a proteggerli dall’insorgenza della miopia. Il risultato è che dai 9 ai 18 anni la media di soggetti miopi è del 40%, con un 25% già a 9 anni, 30% a 11 anni e quasi il 50% a 17 anni, con trend in evidente crescita, tanto che negli ultimi 50 anni risulta raddoppiata l’incidenza nei giovani adulti in Europa e Stati Uniti, in Asia è miope oltre il 90% di adolescenti e giovani adulti, e si stima che entro il 2020 sarà miope un terzo degli abitanti del pianeta.

Dal punto di vista muscolo-scheletrico è sempre più comune la sindrome denominata Text Neck, sempre con una particolare incidenza fra adolescenti e giovani adulti. L’inventore del termine, il chiropratico statunitense dr. Dean Fishman, la definisce come “sindrome da sovraccarico che coinvolge testa, collo e spalle, di solito risultante dall’eccessiva tensione della colonna vertebrale, dovuta al guardare in avanti e in basso sui dispositivi digitali“. Lo smartphone ha poco più di 10 anni di diffusione di massa, pertanto non è ancora possibile studiare e quantificare i danni a lungo termine, serviranno almeno 30 anni di osservazione e studio. Tuttavia, secondo alcuni esperti, i bambini che oggi sono già assidui utenti di dispositivi elettronici, potrebbero avere necessità di un intervento chirurgico spinale intorno ai 30 anni.

Secondo uno studio del dr. Kenneth Hansraj, del New York Spine Surgery & Rehabilitation Medicine, il rachide cervicale è strutturato per sostenere i circa 5 Kg della testa in posizione eretta, mentre lo spostamento in avanti del capo può produrre un peso ben superiore, addirittura fino a 27 Kg se l’angolo del collo arriva a 60° di inclinazione. Per ogni pollice (2,5 cm) di avanzamento del collo, raddoppia il peso che i muscoli del collo e delle spalle devono sopportare per sostenere la testa. Bambini e adolescenti sono ovviamente i soggetti più a rischio, poiché il loro apparato muscolo-scheletrico è ancora in sviluppo, pertanto vanno educati a mantenere il più possibile una posizione corretta, soprattutto mentre camminano e in posizione seduta. I possibili effetti? I diversi studi sul tema parlano di appiattimento della curva del rachide cervicale, disallineamento e degenerazione spinale, compressione o ernia dei dischi, danni a muscoli e nervi, comparsa prematura di forme di artrite, contrazione dei polmoni con riduzione del volume polmonare fino al 30% con conseguente maggiore sforzo cardiaco per l’ossigenazione dell’organismo e problemi gastrointestinali dovuti alla pressione sugli organi interni. Non vanno sottovalutate neanche le conseguenze sul piano psico-emozionale: la postura chiusa e contratta, con la testa abbassata e le spalle curvate e sollevate, può generare introversione, contrizione, predisposizione alla chiusura verso il prossimo e minore lucidità mentale a causa della minore ossigenazione e dell’astrazione dal mondo circostante.

A confermare il trend si aggiungono diversi studi in tutto il mondo. Todd Lanman, neurochirurgo spinale al Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles, segnala anomalie radiografiche della colonna con inversione delle curve fisiologiche per eccessivo uso dello smartphone, con forti dolori e problemi ai dischi vertebrali: “la vera preoccupazione è che non sappiamo cosa questo comporterà nel lungo termine per i giovani d’oggi“. La dottoressa Michelle Collie, Director of Performance Physical Therapy nel Rhode Island, ha iniziato ad avere pazienti con dolori a testa, collo e spalle causati dall’uso di dispositivi mobili già 6-7 anni fa, e sostiene che il fenomeno sia recentemente aumentato drammaticamente, soprattutto fra i pazienti più giovani. Secondo Sammy Margo, UK’s Chartered Society of Physiotherapy: “il Text Neck è in aumento, oltretutto in congiunzione con uno stile di vita sedentario che può condurre a serie conseguenze“. Gli studi internazionali che ho reperito sul tema sono numerosi e provengono da tutto il mondo: Corea del Sud, India, Egitto, Svezia, Messico, Stati Uniti, Finlandia e Italia.

Anche le mani non si sottraggono a problemi legati all’abuso dei dispositivi digitali, tanto che sono in diffusione sindromi come Blackberry Thumb, iPad Hand e Whatsappitis. Secondo uno studio sudcoreano, la maggior parte dei sintomi di disagio muscolo-scheletrico registrati sui soggetti esaminati riguarda la mano, seguita da collo, spalle e gomito. I sintomi sono associati al volume dei messaggi di testo e al tempo quotidiano di utilizzo dello smartphone, principali fattori di rischio per la comparsa di disturbi muscolo-scheletrici. In generale, le donne sono più a rischio di soffrire di disturbi muscolo-scheletrici al collo e alle mani rispetto agli uomini.

 

Conclusioni

Le conclusioni sono ovvie e scontate: è indispensabile evitare accuratamente l’abuso di dispositivi tecnologici, bilanciando l’esperienza digitale con una sana qualità della vita, soprattutto per bambini, adolescenti e giovani adulti. Mentre lo sviluppo tecnologico continua a fare passi da gigante, l’aumento della consapevolezza delle persone avanza a piccoli passi e in maniera disorganizzata e inefficace. Urge colmare l’enorme gap accumulato negli ultimi vent’anni, investendo sulla cultura e l’educazione digitale, sulla consapevolezza e sulla competenza, partendo dai bambini, dagli adolescenti e dai giovani, quindi dal nucleo familiare e dalla scuola. Sono già troppi e crescono sempre di più gli allarmi di pericolo sui rischi legati all’abuso della tecnologica, ma molti non raggiungono l’opinione pubblica e quei pochi che lo fanno vengono spesso sottovalutati e restano in gran parte inascoltati. Il problema è che, nell’arco di 10 o 20 anni, potremmo assistere a un ulteriore decadimento della qualità della vita sociale e personale, nonché al crescere dei disagi psicofisici e fisici. Non aspettiamo quel momento, facciamo oggi tutto ciò che è possibile fare per prevenire i problemi e costruire una società più presente, più viva, più emotivamente in contatto, più sana.

Ettore Guarnaccia


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1 Commento

  1. Roberto Sxyz

    La veritá proposta e sfruttata come arma contro il crimine è ció che causa gli effetti del diavolo. Si tratta di vana ricerca della veritá ma senza amore; La donna diventa fanatica e mediatica; la donna lascia il marito o ragazzo facendo l’amore con chi cerca tale verità; la donna o l’uomo inerrompono la comunicazione tra padre e figlia o tra padre e figlio; la donna veste di nero quando si comporta in tale modo peccaminoso. Subentra la mafia per difendere i processi che diventano mediatici e tale mafia vince perché si allaccia al mondo porno.

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