Cyber Warfare, Evoluzione, World Wide Web

Il web può impedire la terza guerra mondiale

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La tensione militare sta raggiungendo rapidamente l’apice a livello mondiale. In particolare fra Iran e Stati Uniti nello stretto di Hormutz, il più importante canale di transito del petrolio nel mondo, mentre Cina e Russia denunciano le frequenti intromissioni statunitensi nella loro politica interna e ammoniscono l’asse Israele-USA-UK di lasciare stare l’Iran, in un crescendo di dispetti, provocazioni, dichiarazioni e minacce reciproche. Israele, infatti, accusa l’Iran di tentare la produzione di armi nucleari, preannunciando l’ipotesi di un attacco militare imminente, il governo di Teheran risponde con ripetuti e veementi dinieghi.

Non dimentichiamo le gravi provocazioni costituite dall’infezione del worm Stuxnet, che ha rallentato il programma nucleare iraniano, il trojan Duqu e il recente assassinio dello scienziato nucleare iraniano Mostafa Ahmadi-Roshan. Gli USA cercano, perlomeno ufficialmente, di convincere Israele a rimandare ciò che ormai sembra sempre più inevitabile.

A novembre la Russia ha posizionato le sue navi nelle acque al largo della Siria con l’obiettivo di prevenire attacchi NATO. Il Pakistan, al centro delle operazioni nel Medio Oriente, vive un momento di grave instabilità politica. Agli inizi di gennaio l’Iran ha comunicato di aver effettuato alcuni test missilistici nel Golfo Persico, mentre è notizia di oggi che la Russia sta organizzando una serie di esercitazioni militari per predisporsi ad un conflitto imminente.

Nel frattempo i servizi segreti dei diversi stati operano su tutti i fronti per raccogliere quante più informazioni riservate possibile sui futuri nemici. Siamo in piena guerra fredda ma il clima si sta rapidamente arroventando.

Da una parte la Shanghai Cooperation Organization (SCO) che comprende Cina, Russia, Kazakistan, Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan in qualità di membri e Pakistan, Iran, India e Mongolia come osservatori ma sempre più intenzionati a diventare membri effettivi. Dall’altra l’asse occidentale con USA, Gran Bretagna, Israele, Francia e Germania in prima linea, in realtà allargato più o meno a tutta la NATO.

Nel frattempo, tutti i mainstream media, invece che agire da semplici osservatori imparziali, vengono utilizzati come strumento per alimentare il clima di tensione e preparare all’unisono l’opinione pubblica allo scontro militare. Come da tradizione.

Tutti i conflitti dell’era moderna sono stati preparati, alimentati e giustificati per mezzo dei media, sicuramente a partire dall’auto-affondamento dell’incrociatore USS Maine del 1898 che funse da catalizzatore per il conflitto ispano-americano come soluzione della questione cubana. Per proseguire con l’affondamento del Lusitania (maggio 1915) propedeutico all’avvio della Prima Guerra Mondiale, con le falsità raccontate e poi scoperte sull’attacco di Pearl Harbor, il falso incidente del Golfo del Tonchino che di fatto avviò la Guerra in Vietnam, nonché l’Undici Settembre, le false testimonianze sull’Iraq e la propaganda spietata contro Saddam Hussein, tanto per citare i casi più rilevanti.

Fino alle recentissime gaffe sulle false manifestazioni di protesta contro il governo iraniano (2009), le bandiere indiane nella Piazza Verde di Tripoli (2011) e le false foto dei neonati morti in incubatrice a causa dell’interruzione di corrente decisa dalle autorità siriane, tutte maldestramente architettate dai mainstream media ma abilmente sventate grazie al World Wide Web, all’informazione indipendente e all’ancora vigente libertà di espressione.

La tradizione di creare un falso quadro mondiale in cui intrappolare le menti dell’opinione pubblica continua, ma non più con l’efficacia di una volta. Proprio grazie al Web 2.0, nuovo obiettivo della manipolazione ai consueti fini propagandistici, per tentare di formare una precisa comprensione degli eventi e spingere la gente a supportare i piani egemonici e militari.

Fortunatamente le sorti di questa battaglia mediatica stanno volgendo a favore del web, con la gente che considera sempre meno giornali ed emittenti televisive come principali fonti di informazione e prediligendo sempre più siti d’informazione e fonti indipendenti. La rete offre ancora una scelta sul piano individuale e la possibilità di incrociare e verificare le fonti utilizzando i numerosi ed efficaci strumenti che il web è in grado di offrire.

Così se da un parte i media pubblicano notizie eclatanti sul governo israeliano che accusa platealmente l’Iran di sviluppare armi nucleari, gli utenti del web possono consultare alla fonte le energiche smentite del governo di Teheran, smentite che altrimenti verrebbero omesse ad arte. E quando gli Stati Uniti lamentano sulle compiacenti testate giornalistiche di aver subìto un attacco informatico e puntano il dito sdegnati verso la Cina, il lettore può fare una ricerca esaustiva sul web e consultare tutti i dettagli dell’attacco fornito da fonti indipendenti e apprendere che, in realtà, non esiste alcuna prova sulle reali origini dello stesso. Così, mentre fino a poco tempo fa sull’opinione pubblica regnavano grandi certezze volutamente indotte, oggi si fanno strada numerosi dubbi e tante piccole certezze alternative autonomamente acquisite.

Con una grande differenza: i mainstream media raramente si sentono in dovere di pubblicare le fonti di particolari notizie dalle possibili conseguenze disastrose, mentre sul web, con un po’ di pazienza, la fonte originale si trova sempre. La frustrazione di chi, da dietro le quinte, cerca ancora di utilizzare tecniche di manipolazione dell’informazione ormai obsolete ed arcaiche, aumenta ogni giorno di più. Mentre i siti di informazione, i blog, i forum e i social media diventano sempre più strumento fondamentale nella ricerca della verità o quantomeno nell’insinuazione del legittimo dubbio.

In questo scenario di crescente consapevolezza dell’opinione pubblica si collocano i tentativi del governo USA di instaurare lo Stop Online Piracy Act (SOPA) e il Protect Intellectual Property Act (PIPA), con l’obiettivo di abbattere la tanto minacciosa libertà di espressione del web (dei quali ho scritto qui, ndr). Un pubblico informato con completezza, esaustività e senza manipolazioni è molto meno incline a sostenere guerre in nome del potere e del profitto, poiché può finalmente comprendere che entrambi non saranno mai a lui destinati.

La soluzione? Spegnere la televisione, schivare i TG, ignorare giornali e riviste di informazione. Se proprio ciò non risultasse agevole da attuare, l’alternativa è dotarsi di pazienza e cercare, scovare, verificare, incrociare e approfondire qualsiasi notizia sul web, scegliendo accuratamente le fonti di informazione e prediligendo, ovviamente, quelle indipendenti. Per non diventare complici inconsapevoli del prossimo, imminente, conflitto.

Ettore Guarnaccia

P.S. Aggiungo di seguito un interessante video del Centre for Research on Globalization, intitolato “Come i media spingono il mondo alla guerra” che illustra sinteticamente le tecniche di manipolazione mediatica utilizzate nel corso della storia per indurre l’opinione pubblica ad accettare i più grandi e sanguinosi conflitti dell’era moderna.

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