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Governare il cambiamento: il leader moderno e le 4 A [1/3]

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Questo articolo è il primo di tre sul tema “Governare il cambiamento”: in questo articolo illustro l’identikit del leader moderno e le quattro tipologie in cui solitamente si dividono i collaboratori coinvolti nel processo di transizione dal vecchio al nuovo. Gli articoli seguenti trattano gli stili di leadership e le ancore di carriera e sono indicati alla fine di questo articolo.

Il mondo è caratterizzato da un continuo fluire di trasformazioni e mutamenti. Essi, inevitabilmente, cambiano l’ambiente in cui viviamo e lavoriamo. Il filosofo greco antico Eraclito di Efeso riteneva che

non c’è realtà permanente ad eccezione della realtà del cambiamento; la permanenza è un’illusione dei sensi” e “nulla è durevole quanto il cambiamento. Non c’è nulla di immutabile, tranne l’esigenza di cambiare. Tutto fluisce, nulla resta immutato”.

Il contesto in cui viviamo e lavoriamo è in profonda e sempre più rapida trasformazione, conseguenza di cambiamenti demografici, climatici, globalizzazione e crisi dei mercati, evoluzione del lavoro e, non ultima, la trasformazione digitale della società e delle aziende. Complessità, incertezze e rischi che ne derivano possono confondere coloro che devono prendere decisioni urgenti, delicate, talvolta drammatiche, per innescare e gestire il cambiamento. È in corso, di fatto, una sorta di selezione naturale di persone, imprenditori, manager, aziende, istituzioni e modelli di gestione, se non addirittura di intere nazioni o gruppi di nazioni. In particolare, il fenomeno della digital transformation coinvolge modelli di business, prodotti e catene di valore da digitalizzare al massimo, senza risparmiare alcun settore e generando nuovi modelli di business e ulteriore spinta verso l’innovazione.

“Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento”.


(Charles Darwin)

In questo contesto di sviluppo, innovazione e trasformazione sempre più rapidi, a fare la differenza sono le imprese che riescono a stare al passo con i cambiamenti, che si muovono per prime, aumentano i ricavi pur diminuendo i costi, cercando di innovare nel più breve tempo possibile, ideare nuovi modelli di business e, soprattutto, valorizzare al meglio le competenze dei lavoratori e cogliendo le opportunità di automazione dei processi che la tecnologia oggi può offrire.

“La misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario”.


(Albert Einstein)

La resistenza interna al cambiamento è una delle sfide più grandi del momento. Spesso la resistenza è frutto di dirigenti e manager che non si sono evoluti o che si pongono l’obiettivo personale di preservare le proprie redditizie e confortevoli posizioni. Ad essi si aggiungono i collaboratori (e possono essere tanti) che difendono il proprio status quo per eccessivo conformismo, scarsa motivazione o paura di perdere qualcosa. Queste persone si oppongono al cambiamento nei modi più disparati: immobilità, posizioni eccessivamente critiche, sabotaggio delle progettualità, deviazione degli sforzi, manovre politiche e qualsiasi altro stratagemma atto a far naufragare il cambiamento paventato e salvaguardare lo stato attuale.

 

Perché il cambiamento fallisce?

Attuare un cambiamento significa abbattere il vecchio, attuare il nuovo e gestire il periodo post cambiamento. Per il primo passo servono coraggio, determinazione e rapidità d’azione, per gli altri due passi servono competenza, pazienza, metodo e capacità progettuale. La rapidità è fondamentale perché, se il processo di transizione si protrae a lungo, subentrano sentimenti di disillusione, sconforto, sfiducia, diffidenza, dubbio e abbandono, sia fra chi ha promosso il cambiamento, sia fra cui l’ha abbracciato in un primo momento. Il fallimento è spesso conseguenza di coloro che scelgono di saltare giù dal carro, lasciando il carrettiere da solo nell’impresa.

Può essere un problema di strategia nell’attuazione della vision, dovuto al fatto che il management investe troppo sull’abbattimento del vecchio (“via da”) senza aver definito bene in cosa consiste l’attuazione del nuovo (“verso dove” e “come”), ovvero aver definito il dettaglio della roadmap per guidare l’azienda verso il successo della transizione. Tuttavia, pur avendo sviluppato la migliore pianificazione possibile, un cambiamento può arrancare, subire ostacoli o naufragare definitivamente. La causa è spesso costituita dalle persone che dovrebbero attuare il cambiamento e invece scelgono di non farlo.

“Non è vero che la gente resiste al cambiamento. La gente non è stupida e, quando il cambiamento sembra conveniente, lo accoglie molto volentieri. Ciò a cui la gente oppone resistenza non è il cambiamento in sé, ma la perdita.”


(Marty Linsky, professore alla John F. Kennedy School of Government presso l’Università di Harvard e autore di diversi libri sulla leadership)
 

L’identikit del leader moderno

L’estrema importanza di avere leader in grado di guidare la transizione e attuare il cambiamento nella maniera più rapida ed efficace possibile appare in tutta la sua evidenza. Un leader che abbia il carisma per spingere al distacco dal vecchio e obsoleto, ma sappia anche governare il cambiamento con efficacia, efficienza, rapidità e coerenza nelle fasi successive in cui si introduce e si gestisce il nuovo. Rapidità significa anche puntare da subito su obiettivi a brevissimo termine, i cosiddetti quick win, che possono essere rappresentati dalla soluzione anticipata di un problema di gestione, dall’accordo con un partner strategico, l’accelerazione del rilascio di un nuovo prodotto, una ricapitalizzazione, ecc. In generale, il primo sintomo di una carenza di leadership interna è l’immobilità di chi aspetta a salire sul carro e resta a guardare gli eventuali sviluppi promossi dai pochi entusiasti.

Il leader ideale per innescare e governare il cambiamento è capace di mettere in discussione i paradigmi e i dogmi tradizionali, stimolare l’innovazione e la collaborazione interna, favorire la creazione di valore in modo dinamico, sostenibile e inclusivo. Il leader moderno deve essere talent-oriented, abile nel far emergere, nel riqualificare e nel ritenere i talenti aziendali, deve agire da elemento ispiratore, deve trasformare l’innovazione in un’abitudine, creare momenti di confronto in cui ognuno possa contribuire, assumersi dei rischi, improvvisare se necessario, imparare dagli errori e accettare eventuali critiche.

Tutto ciò si traduce in un ridisegno radicale dei modelli organizzativi e di business, un processo che richiede intraprendenza, grandi doti di diplomazia, abilità di comunicazione e una buona dose di coraggio. Inoltre, il leader moderno deve saper gestire la complessità del cambiamento, deve saper prendere decisioni, deve essere un long-term thinker orientato alla strategia pur gestendo con attenzione gli avanzamenti quotidiani, deve essere un team builder che favorisca le relazioni, adottando un processo comunicativo costante, coinvolgendo i diversi stakeholder e profondendo un contagioso ottimismo sul buon fine dell’operazione.

Infine, una delle caratteristiche chiave del leader moderno è l’intelligenza emotiva, cioè la capacità di mantenere in comunicazione la parte razionale del cervello (la corteccia prefrontale) con quella emotiva e istintiva (l’amigdala), evitando che quest’ultima prenda il sopravvento e valutando al meglio la situazione prima di intervenire. L’intelligenza emotiva si sviluppa sotto quattro aspetti: l’autoconsapevolezza, cioè conoscere i propri sentimenti, le emozioni e difendere i propri valori; l’equilibrio emotivo (self-management), cioè gestire lo stress e gli impatti emotivi mantenendo calma, lucidità, adattabilità e visione positiva; la consapevolezza sociale, cioè il rapportarsi con i collaboratori attraverso l’empatia che influenza umore e prestazioni del team; la gestione delle relazioni, cioè la capacità di collaborare con gli altri, influenzarli e risolvere eventuali situazioni di conflitto o criticità.

Tuttavia, per quanto un leader sia preparato e capace, la strada del cambiamento è irta di ostacoli, complessità, resistenze e deviazioni, conseguenza del fatto che le persone coinvolte a vario titolo e chiamate a dare il proprio contributo hanno ognuna le proprie peculiarità, le proprie aspirazioni e i propri interessi. Come vedremo di seguito, un team è spesso composto da diverse tipologie di persone che, per motivazione e competenza, così come per esigenze di coordinamento e orientamento personale, possono tendere a deviare, se non addirittura a ostacolare, il percorso di transizione che porta a realizzare il cambiamento. Una delle competenze vitali per esercitare con efficacia la leadership nei processi di cambiamento è quella di comprendere quali perdite possano essere percepibili dalle persone coinvolte e quali siano le reali motivazioni che le animano.

 

Le quattro “A”: diverse motivazioni e competenze

Il Professor Marty Linsky della Harvard Kennedy School definisce “leadership adattiva” la disciplina in grado di portare le persone al di fuori delle loro zone di confort e convincerle ad abbracciare le sfide più difficili. Esistono, infatti, ragioni umane e psicologiche a causa delle quali la leadership non è efficace e, spesso, non ha successo. Non tutte le persone sono uguali: situazione personale, condizioni lavorative, motivazioni, competenze e capacità di contribuire agli obiettivi sono, infatti, differenti per ciascuno. Per ottenere la massima probabilità di successo del cambiamento, il leader deve saper riconoscere le varie tipologie di persone coinvolte e deve avere la competenza e la preparazione per indirizzare gli sforzi affinché tutti tendano all’obiettivo prefissato, contribuiscano con le proprie competenze e siano adeguatamente motivati a dare il massimo.

Come vedremo in seguito, le persone possono essere inquadrate in specifiche tipologie per le quali possono essere adottati stili di leadership e orientamenti in grado di generare motivazione, sviluppare la competenza, aumentare la capacità di contribuire e di tendere all’obiettivo.

Nello schema che segue il cambiamento viene rappresentato come il viaggio (la transizione) di una barca che parte da un’idea e deve approdare a un obiettivo.

Governare il cambiamento attraverso gli stili di leadership e le ancore di carriera
(cliccare sull’immagine per visualizzarla in alta risoluzione)

L’equipaggio della nave è suddivisibile in quattro categorie di persone che ho elaborato traendo spunto dall’illuminante intervento di Ivan Ortenzi, Chief Innovation Evangelist, all’IT Director Forum 2018 dal titolo “Innovation Management: Gestire l’innovazione in azienda tra governance e ribellione”. Esse sono: gli Apostoli, coloro che sposano da subito il cambiamento proposto, hanno la giusta motivazione e sono in grado di contribuire al conseguimento degli obiettivi; gli Arrivisti, contraddistinti da spiccata motivazione e ambizione ma scarsamente competenti e quindi di limitato aiuto; gli Attendisti, spesso competenti e teoricamente in grado di contribuire al cambiamento, ma con scarsa motivazione e poco confidenti nel successo dell’operazione; infine, gli Anticorpi, principale ostacolo al cambiamento, senza motivazione, competenza né fiducia, totalmente immobili se non addirittura apertamente contrari ad abbandonare la propria zona di confort per passare ad una nuova situazione che genera incertezza e può essere causa di perdita.

Come può il leader indurre tutti a remare insieme, dalla parte giusta e con adeguata forza? Quali strumenti psicologici e cognitivi può adottare per condurre rapidamente la nave a destinazione?

Nei due articoli successivi propongo due strumenti che, se adottati con competenza e attenzione, possono aiutare il leader a generare motivazione, capacità di contribuire e tendenza a conseguire l’obiettivo anche nelle persone più reticenti dell’azienda: gli stili di leadership e le ancore di carriera.

Articoli seguenti sul tema:

Governare il cambiamento: gli stili di leadership [2/3]
Governare il cambiamento: le ancore di carriera [3/3]

Se hai ulteriori indicazioni utili o altre metodologie sfruttabili dal leader o dal manager per gestire al meglio il team di collaboratori e avere successo nel promuovere e nel gestire il cambiamento, puoi lasciarle un commento qui sotto a beneficio degli altri lettori interessati al tema.


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