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Mutazioni antropologiche in corso: intervista di Alessandro Macciò per Post Scriptum

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Articolo relativo all’intervista realizzata dal giornalista Alessandro Macciò al sottoscritto su tanti temi relativi all’esperienza digitale dei giovani e a quale futuro è possibile prefigurare oggi osservando la società moderna e analizzando i principali trend e i relativi rischi derivanti. L’ottima sintesi di oltre un’ora di piacevole chiacchierata su aspetti quotidiani che tutti dovrebbero conoscere, comprendere e approfondire. Grazie ad Alessandro Macciò e a Post Scriptum per l’invito e la pubblicazione dell’intervista.
#Oggi è già futuro

Qui il link all’intervista: Mutazioni antropologiche in corso

Mutazioni antropologiche in corso

Quando l’innovazione diventa pericolosa. 
In un libro intitolato, non a caso, «The Game»Alessandro Baricco individua il logo della nostra civiltà, nella postura uomo-tastiera-schermo, e il suo schema fondativo nella logica del gioco, che ha prodotto una vera e propria mutazione antropologica. Ettore Guarnaccia, esperto di cybersecurity, condivide la disamina, ma preferisce ricordare “che il gioco è bello quando dura poco”, soprattutto se coinvolge una fascia vulnerabile come quella dei (pre)adolescenti. 
Guarnaccia affronta il tema nel libro «Generazione Z. Fotografia statistica e fenomenologica di una generazione ipertecnologica e iperconnessa», che presenta i risultati di un questionario compilato da 2.058 studenti, tra i 9 e i 18 anni. Con un quadro complessivo a tinte fosche.
Prendiamo il rapporto con la messaggistica: il 48,5% degli intervistati ha provato pentimento per aver inviato d’istinto un messaggio, il 45,6% rabbia o delusione per aver frainteso il senso o il tono di un messaggio, il 37,9% ansia perché il destinatario non ha risposto subito. 
Tralasciando gli altri numeri, molti giovani ammettono che l’uso dei social li spinge a fare azioni inusuali o compromettenti come dormire poco, pubblicare dati sensibili, visualizzare contenuti pornografici e concedere l’amicizia a perfetti sconosciuti. 
Tutto inizia con YouTube: «È il primo social con cui i bambini entrano in contatto, anche perché è molto intuitivo e i genitori glielo fanno usare come un gioco – spiega Guarnaccia – Instagram soddisfa una voglia di esposizione che riguarda soprattutto gli under 15, poi prevale la ricerca delle relazioni attraverso Facebook. Ma lo sviluppo tecnologico è così veloce ed esponenziale, che le modalità di interazione con la tecnologia cambiano nell’arco della stessa generazione».
Non si stacca mai la spina: «Siamo costantemente interrotti dalle notifiche di like, video live e molto altro ancora. Le tecnologie sono sviluppate apposta per mantenere gli utenti incollati al display, usando tecniche subdole e spregiudicate come il meccanismo della ricompensa. Nei videogiochi c’è il concetto del baule, che consente di accumulare ricchezze come armi o strumenti per avanzare nel gioco. Le notifiche funzionano in maniera simile: devi aprirle ma non sai cosa c’è dentro, ed è proprio questo che le rende irresistibili»
Il discorso riguarda anche le serie TV: «A volte ti siedi sul divano con l’intenzione di guardare un episodio, e finisce che quando ti alzi ne hai visti cinque. Questo succede anche per effetto dell’autoplay, che fa partire in automatico l’episodio successivo a quello appena visto. La verità è che stiamo andando verso una dipendenza patologica di massa, sempre più difficile da intercettare»
Di fronte a questo scenario, Guarnaccia invoca l’introduzione dell’educazione digitale nelle scuole. Ma la strada è in salita: «In Italia il 57% degli insegnanti ha più di 50 anni e il 18% più di 60, contro una media europea del 36%. Molti di loro non sono motivati a investire sull’educazione digitale, altri si accorgono del problema ma non capiscono le cause e finiscono per dare la colpa alle nuove generazioni. Altri ancora sono spaesati, sanno che dovrebbero fare qualcosa e chiedono l’aiuto degli esperti, che però possono contribuire solo con interventi sporadici. Nel complesso, la scuola è ancora troppo poco ricettiva».

Alessandro Macciò


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