Appuntamento conclusivo del percorso di sensibilizzazione e consapevolezza sugli effetti del digitale sulla società moderna, nel quale tratto del circolo vizioso auto-alimentante di abuso del digitale, degli effetti a livello di massa in termini di qualità della vita, capacità intellettive e, addirittura, modificazioni fisiche. Tutti effetti che verranno amplificati dall’imminente avvento del metaverso, il nuovo passo evolutivo per il digitale ma involutivo per l’essere umano, che si affermerà entro pochi anni e trasformerà radicalmente il mondo reale per come lo conosciamo oggi. Lascio anche qualche consiglio di lettura di testi visionari (o predittivi) che anticipano quanto ci attende. Si conclude così il percorso che ho pensato e allestito per tutti i lettori interessati, che invito a condividere con me il loro pensiero in merito.
Ricapitolando quanto scritto nei precedenti appuntamenti, dispositivi digitali, app, social media e videogiochi sono pensati per generare assuefazione, dipendenza, modificazioni neurologiche, predisposizione a ulteriori forme di dipendenza e disagi psicologici di diverso tipo ed entità a livello di massa, con un’incidenza maggiore sulle nuove generazioni. Dipendenza e disagi psicologici inducono gli utenti a ricercare gratificazioni per ridurre i conseguenti “buchi emotivi” e, dato che le gratificazioni naturali sono sempre più rare, l’alternativa che tutti hanno a portata di mano è la gratificazione artificiale veicolata dal digitale: esibizionismo, like, commenti e approvazione dei follower, notifiche, videogiochi, pornografia, gioco d’azzardo online. Un terribile circolo vizioso, nel quale la soluzione prescelta ai propri problemi è esattamente ciò che li ha generati e che, quindi, finisce per alimentarli ulteriormente, in un vortice al quale è sempre più difficile sottrarsi e che sfocia nell’abuso del digitale. Questo abuso diffuso ha effetti devastanti a livello di massa e di società. Senza dovermi ripetere più volte, chiarisco subito che questi effetti sono più diffusi ed evidenti nei soggetti più giovani, ma riguardano tutta la società nel complesso, quindi anche soggetti in età adulta e oltre.
Uno degli effetti più evidenti è il peggioramento della qualità della vita, a causa di uno screen time eccessivo (per molti giovani superiore alle 12 ore) che induce a sacrificare attività primarie come la socializzazione, il riposo, l’alimentazione, l’igiene personale, lo studio, l’attività sportiva e lo stare all’aria aperta.
L’uso di un display digitale fino all’ultimo momento prima di addormentarsi espone alla luce blu in orari naturalmente dedicati al riposo. Questa pratica causa, a livello cerebrale, la soppressione della produzione di melatonina (indispensabile per il riposo) e la produzione di adrenalina (che induce a stare svegli e attivi), con il risultato di abbreviare la durata e la qualità del sonno notturno. Il sonno viene spesso interrotto anche da notifiche notturne quando lo smartphone viene lasciato acceso sul comodino o addirittura in mano sotto le lenzuola. Questo spiega perché tanti ragazzi si sentono molto stanchi già al risveglio e denotano una capacità di attenzione bassissima, con ricadute importanti sul rendimento scolastico.
Diversi studi evidenziano la progressiva diminuzione del quoziente intellettivo espresso (non quello potenziale) a livello di società nel complesso. Il cosiddetto “Effetto Flynn” (James Robert Flynn, 1987) indica il fenomeno del progressivo aumento del QI nella popolazione mondiale osservato dal 1938 fino ai primi anni duemila, quando si è innescata la diminuzione progressiva, in quello che è stato definito “Effetto Flynn Inverso” (Teasdale & Owen, 2005).
Stiamo diventando sempre meno intelligenti.
Questo fenomento è evidente in particolare nelle nuove generazioni ed è sufficiente fare un tour di dieci minuti su TikTok o Instagram Reels per averne conferma. La principale causa è costituita dalla costante interruzione dell’attenzione nell’esecuzione delle operazioni svolte, come lo studio, l’ascolto, l’apprendimento e il ragionamento. Quest’ultimo, grazie anche al progressivo spostamento dell’intelligenza dall’essere umano al dispositivo digitale, non avviene più in maniera lineare (premessa-analisi-conclusione) come per le generazioni precedenti, bensì in maniera randomica e confusa, in tempi sempre più ridotti e frammentati, con un’evidentissima tendenza a ricercare direttamente conclusioni facili senza passare per un procedimento di analisi autonomo. Anche la capacità mnemonica è stata indubbiamente minata dall’utilizzo di dispositivi digitali che forniscono tutte le informazioni desiderate in qualsiasi momento (a meno di problemi di connessione).
In ambito scolastico, questa carenza di attenzione e apprendimento è comprovata dai risultati delle prove INVALSI, che dimostrano la progressiva diminuzione della percentuale di studenti che riesce a raggiungere il livello minimo in lingua italiana e matematica. Come si vede nel grafico sottostante, già nel 2018, in quinta superiore il livello minimo veniva raggiunto solo dal 65% in italiano e dal 60% in matematica, risultati alquanto deprimenti per un sistema scolastico chiaramente fallimentare ed evidentemente anacronistico. Ebbene, oggi si è scesi addirittura al 50% in italiano e al 48% in matematica. Non bastasse questo, nell’ultimo anno scolastico si è affermata e diffusa nelle scuole italiane la tendenza di tanti giovani, soprattutto di sesso femminile, a fare dirette live su TikTok e Instagram in classe durante le ore di lezione. Ci stiamo dirigendo a grandi passi verso uno scenario da Idiocracy.

L’abuso del digitale porta con sé, inevitabilmente, un deciso aumento della sedentarietà, accentuatosi anche a causa dei lockdown in periodo pandemico, con conseguente aumento dell’incidenza di obesità e miopia in età sempre più basse, e la diminuzione del tempo passato all’aria aperta e della frequenza e della qualità delle relazioni sociali dirette. La maggiore sedentarietà e la riduzione delle relazioni sociali vanno a braccetto con l’aumento del senso di solitudine e di inadeguatezza, che aprono la strada a disagi psicologici che si traducono in ansia e depressione, talvolta trovando sfogo in pratiche come i disturbi del comportamento alimentare, l’autolesionismo e la tendenza al suicidio. Disturbi psicologici che derivano anche dal perfezionismo promosso dai social e dal conseguente senso di inadeguatezza generato, e che vengono esaltati sui social media da tantissimi giovani influencer che si improvvisano fitness coach, docenti di corretta alimentazione o life coach, alcuni dei quali insegnano a tanti giovani come indursi il vomito subito dopo i pasti (per arrivare agli agognati 40 kg), in quali zone del corpo provocarsi tagli che non vengano notati dai genitori, o quali tecniche siano più efficaci e indolori per suicidarsi. Questi fenomeni sono diretta conseguenza di apatia psichica e analfabetismo emotivo, e sono tutti modi per trasformare il disagio psicologico altrui in opportunità di business.
Anche particolari modificazioni fisiche e psicofisiche sono direttamente collegabili all’abuso del digitale. Ad esempio, varie sindromi infiammatorie e modificazioni osteo-scheletriche sono state rilevate negli anni da studi medico-scientifici in tutto il mondo, riguardanti mani, braccia e apparato muscolo-scheletrico, su alcune delle quali ho raccolto conferme dirette da osteopati e fisioterapisti. La sindrome più diffusa ed evidente è la “Text Neck”, la modificazione della curva del rachide cervicale (una moderna gobba) conseguenza di ore e ore passate a fissare un display con il capo chino e le spalle contratte. Posizione che, se mantenuta per lungo tempo tutti i giorni, ha degli effetti anche sul piano psicologico: lo sguardo basso diventa segnale primitivo di sottomissione, la testa chinata sul petto induce sentimenti di vergona, abbandono e sconfitta, mentre la contrazione delle spalle sul petto induce timore, isolamento e chiusura verso gli altri. Il risultato è la predisposizione di massa a sottomissione, conformismo, passività e chiusura al mondo esterno che, peraltro, spiega ampiamente come sia stato possibile assistere a una così ampia accettazione di misure vessatorie, discriminatorie e lesive dei diritti fondamentali dell’essere umano negli ultimi anni, con bassissime percentuali di resistenza e ribellione.
Questi effetti, però, non sono nulla di fronte alla prospettiva di condurre intere giornate seduti sul divano a interagire con quello che viene considerato il prossimo passo evolutivo di social media e dispositivi digitali: il metaverso. Il tema è stato molto dibattuto nell’ultimo anno sui mainstream media e, anche se ultimamente si è un po’ raffreddato, l’appuntamento è solo rimandato poiché alcune tecnologie non sono ancora del tutto pronte per la diffusione e l’uso di massa. Ad esempio, l’interazione si svolge mediante visori e altri dispositivi aptici ingombranti, pesanti e spesso poco ergonomici, la risoluzione video non è ancora sufficiente a garantire l’iperrealismo richiesto, la rete Internet in Italia soffre ancora di digital divide e di scarsa e diffusione della banda larga quantomeno scriteriata, il 5G si sta affermando con estrema lentezza, le forme di intelligenza artificiale non sono ancora sufficientemente mature, mancano gli investimenti su piattaforme dotate di capacità elaborativa elevatissima per supportare la tridimensionalità di realtà virtuale e realtà aumentata, mentre non c’è ancora accordo unanime sull’interoperabilità di dispositivi, piattaforme e contenuti.
Si tratta di aspettare ancora qualche anno (prevedo un massimo di 5 anni), poi il metaverso diventerà una realtà molto diffusa nella società moderna. Ce ne accorgeremo probabilmente a Natale o in occasione dei compleanni, quando nonni e genitori cominceranno a regalare a nipoti e figli dei set di realtà virtuale al posto degli smartphone.
E qui mi lancio in alcune nefaste e distopiche previsioni. I problemi che il metaverso comporterà a livello sociale sono diversi e tutti devastanti, peraltro in gran parte inevitabili. Verremo costretti ad accedervi, molto probabilmente dietro il ricatto di poter usufruire di servizi pubblici che esisteranno solo lì, senza che venga lasciata un’alternativa nel mondo reale. Il principale problema sarà l’accentuazione della sedentarietà e della vita in spazi chiusi, con un’esplosione dei già citati effetti sul piano psicofisico e relazionale. Poiché interagiremo solo tramite il nostro avatar digitale, verremo privati ancora di più delle relazioni umane dirette, si ridurranno le occasioni di incontro e aumenterà il livello di isolamento sociale, pertanto, aumenterà anche l’incidenza di disturbi psicologici e casi di dipendenza patologica. Scomparirà il concetto di privacy, tutta la nostra vita virtuale verrà veicolata, gestita, archiviata, analizzata e sfruttata da un’unica piattaforma (Meta? Google? Apple? Microsoft?), che conoscerà tutto di noi, fin nei più minimi e inconfessabili dettagli, e sfrutterà tale conoscenza per finalità di business e di controllo sociale. Proprietà e ricchezza si sposteranno progressivamente dal mondo reale alla realtà virtuale (quindi nelle casse delle Big Tech), man mano che le persone venderanno i propri beni e impegneranno i soldi per acquistare beni NFT (terreni, case, mezzi di trasporto, articoli di moda, abbigliamento, gioielli, opere d’arte, ecc.) che esisteranno solamente nel mondo virtuale, per abbellire e soddisfare le esigenze del proprio avatar. Senza accorgercene, interagiremo sempre più con avatar dietro i quali non ci sarà un essere umano, bensì un bot animato da intelligenza artificiale basata su informazioni e algoritmi controllati da multinazionali inaccessibili e impenetrabili, peraltro totalmente asettica, impassibile e senza alcuna empatia.
Come già avvenuto per Internet, social media, videogiochi e dispositivi digitali, molto probabilmente non verranno approntate norme di legge adeguate a governare adeguatamente i meccanismi e i fenomeni del metaverso nell’interesse della società e dell’essere umano, mentre ci saranno precise tutele per le multinazionali coinvolte (come già avvenuto in altri casi recenti). Ci si preoccuperà di regolamentare il tutto quando sarà troppo tardi, cioè quando diverranno irrimediabilmente evidenti gli effetti negativi dell’avvento del metaverso a livello di massa, soprattutto in termini di sanità fisica e mentale delle persone, salvo attribuire la colpa di tali effetti ad altre motivazioni fantomatiche o negarne qualsiasi correlazione (come fatto finora su tutti i temi scomodi). Non mancherà, ovviamente, l’introduzione di sistemi di controllo sociale basati su punteggi o crediti sociali calcolati da algoritmi asettici che prenderanno in considerazione consumi, comportamenti e indicatori arbitrari (produzione di CO2, contributi al riscaldamento globale, consumi di elettricità, gas, acqua, ecc.), addirittura le opinioni, per determinare il livello di merito sociale di ognuno di noi, pur con meccanismi discriminatori che premieranno i più abbienti rispetto alle classi sociali più basse (se paghi ti consento l’eccezione, altrimenti no).
A causa della diffusione di massa del metaverso, assisteremo alla trasformazione radicale del mondo reale, nel quale l’aspetto e le dimensioni degli alloggi non avranno più alcuna importanza, poiché basteranno pochi metri quadri in cui stazionare, alimentarsi, curare un minimo di igiene e passare il tempo online, mentre verranno abbandonati i mezzi di trasporto privati in quanto non più necessari, perché ci si sposterà esclusivamente tra ambienti virtuali. Anche il lavoro cambierà radicalmente, si sposterà progressivamente nella realtà virtuale, lasciando nel mondo reale quei pochi mestieri che non possono prescindere da azioni fisiche o manuali che l’automazione non sarà in grado di svolgere. Gli unici a girare per le strade delle città resteranno gli sbandati autoesclusi dal metaverso e i fattorini che consegnano alimenti da asporto, mentre chiuderanno progressivamente tutte le aree di ritrovo, come cinema, ristoranti, bar e centri commerciali. L’istruzione avverrà già in età molto bassa direttamente nel metaverso, attraverso programmi educativi condotti da avatar animati da intelligenza artificiale, che proporranno contenuti e argomenti precedentemente confezionati e approvati da enti governativi e multinazionali al fine di garantire il massimo livello di aderenza al metaverso, distruggere il senso critico e sviluppare conformismo, passività e sottomissione incondizionata all’autorità. Molti si recheranno di propria spontanea volontà a sottoporsi all’installazione di microchip nel cervello (l’impianto cerebrale Neuralink sviluppato da Elon Musk e già in corso di sperimentazione su esseri umani), con l’obiettivo di evitare dispositivi scomodi e beneficiare della fortuna di restare connessi 24 ore su 24 al metaverso, anche durante il sonno.
Un futuro distopico molto vicino a quello descritto da Neal Stephenson in “Snow Crash” e da Ernest Cline in “Ready Player One” e “Ready Player Two”, romanzi visionari (ma non troppo) che invito a leggere per avere un’idea più precisa di ciò che ci aspetta nei prossimi anni. Oltre, ovviamente, a “1984” di George Orwell, sempre più attuale.
Buona fortuna.
Ettore Guarnaccia
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